Le opere di Gino Bogoni a Palazzo Pincini Carlotti

GARDA – Il 17 dicembre si è inaugurata la mostra del Maestro Gino Bogoni scomparso nel 1990. La mostra propone sculture in bronzo e una ventina di opere su carta.

All’inaugurazione sono intervenuti Sofia Bergamini, da tempo studiosa delle opere dell’artista, il sindaco di Garda Davide Bendinelli e l’assessore alla Cultura Ivan Ferri, che hanno messo a disposizione alcune sale del Palazzo Pincini Carlotti dove si svolge la mostra.

Gino Bogoni è uno degli artisti più complessi e completi del panorama contemporaneo, presente nelle più significative manifestazioni nazionali ed internazionali. Amico di quello che può essere considerato il maestro di tutti gli scultori del ‘900, Arturo Martini, Bogoni nasce e si forma alla scuola più efficace che è la fonderia e la bottega.

Le sue opere, presenti in collezioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero, citando una frase del noto scultore Marcello Mascherini, con cui Bogoni ha collaborato per anni divenendone intimo amico: «… non si lasciano scoprire immediatamente, ma vanno a lungo guardate e meditate: solo allora, possono comunicare che la loro carica vitale è suggerita sempre dalla natura con i suoi elementi più semplici.»

E più si osservano più esse ci trasmettono sensazioni ed emozioni forti.

Essenziale e centrale in Bogoni è il momento in cui la materia sfugge alla propria staticità e rivela,  nei crateri ben visibili della superficie e  nelle fenditure che la attraversano, il respiro di un’energia sotterranea che tende allo spazio.

Molto ci sarebbe da dire sulla vita di Gino Bogoni, sulle sue opere, sui premi, sulle partecipazioni alle quadriennali di Roma ( nel ‘65, nel ‘72, nel ‘73) o alla XXXIII biennale di Venezia. Molto da dire anche sul suo lavoro di insegnante, sui suoi viaggi e la sua presenza in collezioni in ogni parte del mondo, dal Belgio al Giappone agli Stati Uniti.

Una produzione infinita la sua, frutto di una intensa attività fino al giorno della sua morte nel novembre del ‘90. Ma lui avrebbe preferito che a parlare fosse il suo lavoro e non i riconoscimenti ottenuti.

D’altra parte non si può evitare di citare  le opere che più lo rappresentano e hanno segnato le tappe artistiche di Gino Bogoni. Si pensi al Bovino (‘61) con cui vinse il premio alla Biennale di Verona, a Le grandi ruote e Forme di vita (‘65) nate dall’osservazione di oggetti e forme della quotidianità, come ci rivela lui stesso nel suo Diario e con le quali ha partecipato alla IX quadriennale di Roma. Senza dimenticare la serie delle Vacchette (’59 – ’90) e il Lotus (‘72-’73), con il quale nel 1973 ha vinto il 1° Premio al 9° Concorso Internazionale del Bronzetto di Padova, sorta di inflorescenza plastica dalla forma primordiale le cui lamelle bronzee se suonate e percosse emettono vibrazioni profonde ed intense.

Come pure Fluenza del 1967 con la quale ha vinto a Parigi alla Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea la Coppa della Critica Francese – Unesco. È necessario menzionare anche le sue Donne, create in un numero considerevole (più di 100) e delle quali il prof. Butturini scrive: «Le Donne di Bogoni, generazione dell’inconscio, rivelazione dell’inconscio con un procedimento consequenziale, eppure frutto di un dominio perfetto della materia che non deriva da una precisa volontà creativa, ma dall’ansia di stare a vedere cosa viene fuori..»

Che sia bronzo o carta, muoversi tra le opere di Gino Bogoni è passeggiare in un bosco che giunge fino al mare. Perché è materia che respira, si agita come fosse al vento e sogna il suo colore.

E sempre citando il pensiero del prof. Butturini “in ogni fusione di Bogoni, nelle sue eruzioni lunari o nelle modulazioni plastiche che sembrano modellarsi nella luce e nell’aria con il gesto sottilmente erotico di una prorompente femminilità, avverti l’apparire, anzi, l’affiorare di un battito universale, che supera ogni barriera, per divenire ed essere.”

Donne come foglie o fiamme, forme inconsuete che riconducono ad inaspettate altre forme, fiori e conchiglie e pietre là dove non si erano viste prima. È l’esistere e la sua ombra, il suo riflesso.  In quasi tutto quello che ha creato questo artista, c’è una fessura, uno squarcio, un incavo. Un vuoto lasciato da un  passaggio, un’assenza.

Inevitabile, nasce il desiderio di toccare. Di occupare con le proprie mani lo spazio dove prima forse c’era una pietra o la pelle.

Sponsor Ufficiale: Comune di Garda (Verona)

Orario: tutti i giorni h. 10:30 /  19:00; ingresso libero

www.ginobogoni.com

gino-bogoni

I commenti sono chiusi.