Unicità del Chiaretto, consorzi a confronto a Puegnago

PUEGNAGO – Il Chiaretto protagonista del convegno “I patrimoni dell’umanità: L’unicità del Chiaretto”, in programma per giovedì 27 aprile a Puegnago nelle sale di villa Galnica, sede del Consorzio Valtènesi.

L’appuntamento, in programma alle 15, rientra nel programma del Festival della Sostenibilità organizzato dall’associazione La.Cu.S., in corso di svolgimento sul Garda Lombardo fin dallo scorso 1 aprile ed arrivato ora alle sue battute finali.

Sul tema si confronteranno Alessandro Luzzago, presidente del Consorzio Valtènesi (www.consorziovaltenesi.it), Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio Bardolino (www.ilbardolino.com), e Cesare Gozzi, vice presidente del Consorzio Vini Mantovani (www.vinimantovani.it). Conclusioni a cura di La.Cu.S.

Il vitigno principale del Valtènesi Chiaretto è il Groppello. Le altre uve complementari in ordine di importanza sono: Marzemino, Barbera, Sangiovese.
Il vitigno principale del Valtènesi Chiaretto è il Groppello. Le altre uve complementari in ordine di importanza sono: Marzemino, Barbera, Sangiovese.

Il vino Chiaretto è romanticamente chiamato il «vino di una notte». L’appellativo deriva dalla particolare tecnica di vinificazione delle quattro uve gardesane della doc Garda Classico (ovvero Groppello, Marzemino, Sangiovese e Barbera), che avviene con un contatto del mosto con le proprie bucce che si protrae per una sola notte.

E’ un vino dalla sorprendente aromaticità floreale, da bersi giovane per apprezzarne appieno la prorompente tipicità, abbinato a piatti delicati ed estivi, al pesce di lago, a carni bianche e salumi dolci. Per tradizione a questo vino sono destinati i primi grappoli della vendemmia del Garda Classico.

La particolarissima tecnica di vinificazione, intuita in tempi remoti e codificata già nell’Ottocento dal senatore veneziano Pompeo Molmenti, che aveva casa e vigne proprio a Moniga, ha ricevuto una precisa normativa nel 1962 dal Consorzio Tutela Vini Bresciani. Per caratterizzare il Chiaretto è indispensabile un parziale contatto del mosto con le vinacce, perché da queste si possano estrarre il colore caratteristico e alcune sostanze fondamentali. Se il tempo di contatto è troppo breve, il vino è scialbo, incompleto, di colore non ben definito; se si eccede, anche per poco, diventa un mezzo rosso impersonale, troppo vinoso, senza particolari pregi. Si capisce quindi che per produrre il Chiaretto l’enologo debba saper cogliere «l’attimo fuggente» per separare il mosto dalle bucce. In pochi altri processi produttivi è tanto fondamentale la sensibilità dell’uomo.

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