La Grande Guerra degli animali

ARCO – Non solo i soldati hanno combattuto la Prima guerra mondiale, ma anche i cavalli, i muli, i cani, le capre, le pecore, le galline, le mucche e perfino le volpi e i piccioni. Lo racconta il libro “La Grande Guerra degli animali”.

Il libro (Effe e Erre, 2017) di Mauro Neri e Arianna Tamburini sarà presentato dagli stessi autori assieme al veterinario Giancarlo Zaniboni sabato 18 novembre alla 25ª rassegna dell’editoria gardesana «Pagine del Garda», nella sala consiliare del Casinò municipale con inizio alle 16 (appuntamento Family; il libro è consigliato dai 9 anni d’età in su). Si ricorda che la mostra del libro (esposti circa 1700 titoli per un centinaio di editori) prosegue fino a domenica nel salone delle feste del Casinò municipale (dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.30).

«Se ci sono soldati alla guerra? E mica soltanto quelli che ci vanno con i soldati, soldati essi stessi: i cavalli delle armi a cavallo, i muli delle batterie da montagna e someggiate. Ce ne sono anche tanti altri, grossi e piccini, che ci si trovano senza volerlo, povere bestie. E ci rimangono». Iniziava così il volumetto di propaganda «Gli animali alla guerra», scritto nel 1916 da Giulio Caprin, giornalista, interventista e sottotenente dell’esercito italiano, che dedicava il pamphlet «A Doletta, per quando sarai più grande».

Il Primo conflitto mondiale fu una guerra diversa da tutte quelle combattute fino ad allora, sotto molti aspetti. Più dei precedenti conflitti segnò infatti un discrimine nella cosiddetta “arte della guerra”, ma fu anche punto di incontro fra il mondo tecnologico emergente e quello rurale. Fecero la loro apparizione armi sempre più micidiali, aerei e carri armati, in un contesto che vide i mezzi a motore solcare le stesse strade che erano state percorse fino ad allora dai carri trainati da animali. Il libro scritto da Mauro Neri e Arianna Tamburini, dopo un breve inquadramento sulla Prima guerra mondiale, in particolare del fronte trentino, illustra l’impiego degli animali nel conflitto. Gli animali, infatti, ebbero un ruolo sempre più fondamentale mano a mano che i mesi di guerra passavano: furono infatti incorporati nel cosiddetto “treno”, ovvero l’apparato militare che muoveva tutte le operazioni logistiche degli eserciti: cucine da campo, trasporto di viveri, feriti, munizioni, armamenti.

Muli delle batterie da montagna.

Il solo esercito italiano, che alla sua entrata in guerra nel 1915 aveva arruolato circa 800 quadrupedi per il traino di 400 carri, già l’anno successivo disponeva di oltre 9.000 animali che tiravano circa 2600 carri e nell’ultimo anno di guerra gli animali da tiro impiegati furono circa 18.000 per quasi 6000 carri. Il Primo conflitto mondiale vide in sostanza una partecipazione in massa degli animali, i quali seguirono il destino di milioni di uomini: furono arruolati e addestrati, ricevettero compiti precisi, un rancio, alloggiamenti e furono curati se feriti. Anche l’impiego al fronte di veterinari per curare e salvare, quando possibile, gli animali divenne infatti fondamentale, considerato che ogni aumento di quadrupedi richiesto dall’esercito gravava sulle già critiche condizioni dell’economia interna dei diversi paesi. Se per anni l’esercito aveva messo a disposizione dell’economia agricola il proprio “parco animali”, la guerra causò una tale emorragia di questi ultimi da richiedere la requisizione di quadrupedi alla popolazione.

In sostanza l’uomo non poté fare a meno degli animali. Se l’utilizzo di capre, pecore, galline, cavalli, muli, asini e bovini è abbastanza scontato, e l’unica annotazione da ricordare è che proprio quella guerra fece scomparire in tutti gli eserciti il corpo militare della cavalleria, più complesso fu l’impiego di piccioni e cani, che per assolvere le loro mansioni militari dovevano ricevere un addestramento. I piccioni venivano impiegati come messaggeri tra le prime linee e i Comandi arretrati dei vari eserciti, nonostante la disponibilità di telefoni da campo e telegrafi ottici.

Durante la guerra sul fronte tirolese vigeva il divieto assoluto di abbattere, ferire o catturare il colombo o piccione di qualsiasi genere. Si preferiva così rinunciare a intercettare le comunicazioni del nemico, per non compromettere le proprie, tanti si faceva uso di uccelli messaggeri. Qualcuno utilizzò i piccioni pure come fotografi per studiare le linee dell’avversario (vedi foto in alto).

Altri uccelli in gabbia venivano utilizzati nelle trincee per segnalare la presenza di gas tossici. I cani venivano impiegati per il trasporto in luoghi e in condizioni climatiche impossibili da sopportare per gli altri animali. Vennero poi impiegati per la ricerca dei feriti nei campi di battaglia oppure come porta ordini in zone montane afflitte dal pericolo di valanghe. Cani di piccola taglia venivano utilizzati in trincea per dare l’allarme in caso di assalto nemico, oppure per cacciare i topi che le infestavano. Cani e anche gatti poi svolsero il prezioso ruolo terapeutico di animali di compagnia, in grado di riportare all’umanità soldati che vivevano quotidianamente la follia del conflitto e le sue tragedie. Talvolta tale scopo fu assolto da qualche animale selvatico, come il caso di un cucciolo di volpe che si racconta nel libro.

I cani vennero impiegati, tra l’altro, per la ricerca dei feriti nei campi di battaglia.

E sono proprio i racconti il cuore del volumetto curato dai due autori. I racconti sono ambientati sul fronte trentino, nelle file dell’esercito austro-ungarico, dove tra Standschützen, Landstürmer, soldati regolari e volontari, lavoratori militarizzati, furono migliaia i trentini che militarono sul proprio fronte di guerra contro l’esercito italiano. Le storie sono uscite dalla fantasia di Mauro Neri, ma inserite in contesti di guerra reali e relativi a situazioni realmente avvenute. Il cane Stivo del tenente Felix Hecht, il cucciolo di volpe del tenente von Schneider, le cartoline inviate in Boemia dal fronte giudicariese per sincerare l’amico profugo delle condizioni del proprio cane Basco, sono tutte situazione realmente avvenute. Anche altre storie sono ispirate a passi di diari e memorie, come quella degli asini Salandra a Dannunzio, oppure quella della mucca che gli Standschützen della valle dell’Isarco restituirono alla legittima proprietaria a Toblino, a guerra terminata, nella loro ritirata verso Trento.

I cani furono utilizzati anche come “porta ordini” in zone montane afflitte dal pericolo di valanghe.

“Quante storie silenziose – scrivono gli autori nella premessa – hanno scritto i muli in fila indiana su per il viottolo che portava al fronte avanzato; i cavalli che percorrevano stanchi la mulattiera diretta all’avamposto, trascinandosi appresso carretti sgangherati col minestrone ancora fumante, almeno per un po’; i cani che se ne stavano accucciati in fondo alla trincea, in attesa d’un tozzo di pane o di una carezza da parte degli umani impegnati a mitragliare o a vigilare dall’altra parte; i piccioni che a migliaia solcavano i cieli come moderni “mercuri” dalle ali robuste, sfidando pallottole e granate e gas mortali per consegnare, legati alle zampette, messaggi di vitale importanza; i gatti accucciati in fondo alla branda che attendevano il ritorno del loro umano così generoso di cibo e di coccole; le mucche, le pecore e le capre. Quanti drammi nascosti, ma anche quante vicende di delicato affetto e di tenera e vicendevole riconoscenza hanno ricamato gli animali in guerra. Di tutto ciò abbiamo voluto parlare in questo libro, che mescola con il giusto grado di verosimiglianza ricerca storica e fantasia, verità e creatività, dato storico e immaginazione, per creare quell’arcobaleno di emozioni che solo la letteratura riesce a dare”.

Il libro è dedicato a Diesel, il cane delle forze speciali francesi morto il 18 novembre 2015 nell’operazione che ha portato a sgominare la banda di terroristi islamici artefice della strage di Parigi. «Oggi come ieri – commentano gli autori – il nostro migliore amico è sempre al nostro fianco, sempre disposto a donare la sua vita per noi che nel nostro egoismo non siamo talvolta nemmeno in grado di osservargli la minima riconoscenza».

Gli animali ebbero un ruolo fondamentale nella Grande Guerra.

Pagine del Garda è la rassegna dell’editoria gardesana organizzata dall’associazione culturale Il Sommolago e dal Comune di Arco per la cura di Marialisa Viaro: dall’11 al 19 novembre sono in mostra nel salone delle feste del Casinò municipale circa 1700 titoli di un centinaio di editori, alcuni nuovissimi, altri praticamente introvabili altrove, e un pubblico atteso di 3.000 visitatori.

Una rassegna dedicata all’attività editoriale che ha come tema la valorizzazione del territorio gardesano; un appuntamento che ancora una volta (questa è la 25ª edizione) costituisce una preziosa vetrina per le realtà editoriali delle tre province che si affacciano sul lago di Garda e dei territori limitrofi, e in cui è possibile trovare, tra le altre, proposte di nicchia, originali e accattivanti.

Oltre alla mostra, dal 4 al 19 novembre la rassegna propone un programma di presentazioni librarie. La rassegna dell’editoria gardesana «Pagine del Garda» è realizzata in collaborazione con la Comunità di Valle Alto Garda e Ledro, il Comune di Nago-Torbole, il Mag – Museo Alto Garda, l’Accademia degli Agiati di Rovereto, l’associazione Giacomo Floriani, Lega Vita Serena e Mnemoteca del Basso Sarca, e con il sostegno di Amsa – Azienda municipale sviluppo Arco e Cassa Rurale Alto Garda.

La copertina del libro “La Grande Guerra degli animali”.

I commenti sono chiusi.