La gavetta del soldato Bigliardi è tornata a casa

TOSCOLANO – La gavetta del soldato Eugenio Bigliardi torna a casa. Una bella storia di recupero dell'identità e delle memorie della Grande Guerra. protagonista il Gruppo Ricerca di Toscolano Maderno.  

La vicenda dela gavetta del soldato Bigliardi quando i componenti del Gruppo Ricerca di Toscolano Maderno, sempre in prima linea nel recupero di storie della Grande Guerra, decidono di indagare con i metal detector l’area dove, secondo le loro ricerche d’archivio, si trovava un accampamento italiano prossimo al fronte altogardesano, nella zona oggi al confine tra Brescia e Trento, in Val di Ledro.

Le supposizioni dei ricercatori gardesani sono esatte e i ritrovamenti non si fanno attendere. Paolo Campanardi, Dennjs Bonometti e Alessandro Bertanzetti – rispettivamente presidente, vice e segretario del Gruppo Ricerca – rinvengono una gavetta, un cucchiaio e un fregio in ottone del 61° Reggimento Fanteria Brigata Sicilia.

«Durante la pulizia della gavetta – racconta Campanardi – spunta una scritta: “Bigliardi”, il cognome del soldato che ne era proprietario». «Chi era? Qual è la sua storia?», si chiedono Campanardi e soci.

Dopo una settimana di ricerche sulle tracce di tutti i Bigliardi che hanno combattuto nella Grande Guerra, il Gruppo Ricerca risale ad un militare in forza al 61° Reggimento Fanteria, tale Eugenio Bigliardi, nato a Poviglio (Reggio Emilia) il 10 ottobre 1888, arruolato il 24 maggio 1915 e destinato a territorio di guerra il 26 maggio.

Eugenio Bigliardi, nato a Poviglio (Reggio Emilia) il 10 ottobre 1888.

 

Dopo aver combattuto in Alto Garda, dove lasciò la gavetta, Bignardi fu trasferito a Taranto l’8 agosto 1916 e poi imbarcato per la Macedonia, dove morì il 9 maggio 1917 a causa dei gas dell’esercito austro-ungarico.

Non contenti, i ragazzi del Gruppo Ricerca hanno cercato anche i discendenti del soldato e d’accordo con loro hanno concordato il ritorno a casa della gavetta, che è stata consegnata questa mattina, sabato 12  alle 11, al Museo Sala Storica dell’Arma di Cavalleria, a Reggio Emilia.

«Poter associare dopo un secolo – dice Campanardi – un volto ad un pezzo da noi recuperato, rappresenta la massima aspirazione. Si aggiunga se possibile a questo che è moralmente doveroso e giusto e rispettoso per noi far tornare a casa il reperto qualora si riesca a ritrovare la sua località di partenza».

Da sinistra: Campanardi, Bertanzetti e Bonometti.

 

 

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