Territorio

24 novembre 2004, tredici anni fa il terremoto di Salò

SALÒ – La cronaca di quella terribile notte del 24 novembre 2004, l’emergenza, la stima dei danni, la complessa ricostruzione. Questa sera la presentazione di un libro sulla prevenzione.

Nell’anniversario del terremoto del 2004 a Salò si presenta questa sera, venerdì 24 alle 20.30 in Sala dei Provveditori, il libro “Verso una cultura della prevenzione. Le strategie di prevenzione sismica del territorio gardesano”, a cura di Barbara Scala.

Intervengono il sindaco Giampiero Cipani e l’assessore Aldo Silvestri, il prof. Maurizio Tira (rettore dell’Università degli studi di Brescia), il prof. Giovanni Pelizzari (direttore del Dipartimento DICATAM dell’Università degli studi di Brescia), il prof. Alberto Salvadori (direttore CESIA dell’Università degli studi di Brescia) e il prof. Lorenzo Cantini (Politecnico di Milano).

Ore 23.59: il sussulto di Gaia

Mercoledì 24 novembre 2004. L’inverno ha già lanciato le sue prime, fredde, avvisaglie. La sera c’è poca gente in giro a Salò e dintorni. Al termine della giornata, tutti o quasi si sono rintanati nel tepore delle mura domestiche. Prima della mezzanotte molti sono già a letto, sprofondati nel sonno. Quando l’orologio segna le 23.59, sull’ultimo respiro del giorno, tra il Garda e la Valsabbia si scatena il finimondo. Annunciato da un tremendo frastuono, un rombo assordante e spaventoso, seguito da uno scuotimento violento. In un attimo tutti si rendono conto di cosa sta accadendo: il terremoto! La vertigine di terrore dura 25 lunghissimi secondi. Il tremore della terra sotto i piedi sembra non finire mai.

Un’onda vibratoria di tipo ondulatorio fa sobbalzare ogni cosa, lacerando non solo i muri delle case e dei palazzi, ma anche le sicurezze delle persone. La gente scappa in strada impaurita. Dopo lo sbigottimento e lo smarrimento iniziale, per i salodiani e i residenti nei paesi vicini comincia una lunga notte insonne, densa di preoccupazioni. Ci sono feriti? Morti? Case crollate? Dov’è stato l’epicentro? Dalle strade si alza il suono delle prime sirene. Ambulanze, mezzi dei pompieri e della Protezione civile sfrecciano tra Salò e Gardone, tra Sabbio Chiese e Vobarno. Qualcuno rientra in tutta fretta in casa per recuperare qualche coperta, con l’intenzione di passare la notte in auto. Mezz’ora dopo la scossa, la Prefettura di Brescia ha attivato il Centro coordinamento soccorsi ed ha effettuato una prima valutazione dell’estensione dell’evento. «A sessanta secondi dalla scossa – riferì il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, che alle 7 del 25 novembre atterrava a Montichiari – a Roma ne eravamo già informati. Dopo dieci minuti, magnitudo ed epicentro erano già individuati; ventiquattro anni fa, in Irpinia, ci vollero tre giorni».

In effetti, nel giro di 15-20 minuti dall’evento, la macchina dei soccorsi girava già a pieno regime. In sette ore, nella notte tra il 24 e il 25 novembre, i telefoni della centrale operativa del 118 squillarono per ben 1.500 volte. Più di mille le telefonate giunte alla centrale dei Vigili del Fuoco. Centinaia quelle ai Volontari del Garda, ai Carabinieri, alla Questura. Nel corso di quella notte scesero in campo 800 operatori, tra cui 180 Vigili del Fuoco, 350 volontari, 200 tra alpini e tecnici. L’epicentro del terremoto è stato localizzato nell’area collinare compresa tra Salò e Vobarno; la profondità dell’evento è stata valutata tra gli 8 e i 10 chilometri. Il sisma ebbe una magnitudo pari a 5.2 gradi della Scala Richter e un’intensità all’epicentro dell’VIII grado della Scala Mercalli. La scossa venne avvertita distintamente in gran parte dell’Italia settentrionale, ma anche in Svizzera, Austria e Slovenia. Sono stati 66 i Comuni interessati, nei quali c’è stato almeno un edificio inagibile, anche solo parzialmente. I più colpiti: Vobarno, Sabbio Chiese, Salò, Gardone Riviera, Roè Vociano, Villanuova e Gavardo. In alcune località come Pompegnino, Morgnaga e Campoverde i danni sono stati particolarmente rilevanti per effetto di locali amplificazioni dell’energia sismica determinate da particolari situazioni geologiche e morfologiche. Moltissime persone sono state costrette ad abbandonare la propria casa, dichiarata inagibile e sgomberata con ordinanza comunale. La punta massima del numero di sfollati si è registrata nei giorni a cavallo tra novembre e dicembre, con 2.202 persone fuori casa.

Per fortuna la scossa non ha provocato vittime, né feriti gravi. Solo cinque persone sono state medicate, e subito dimesse, al pronto soccorso di Gavardo. Ma c’è stato chi, nell’arco di quei 25 secondi, ha perso quanto aveva costruito in una vita di lavoro e sacrifici. Il patrimonio immobiliare della zona è stato devastato. Più di 4mila gli edifici danneggiati (3.649 immobili privati, 315 ecclesiastici e 183 pubblici) per un totale di 215 milioni di euro di danni stimati. È stato un terremoto grave, seppur rispettoso della vita umana. A dieci anni di distanza, anche se non tutte le ferite si sono rimarginate, la ricomposizione storica degli eventi, degli interventi pubblici e privati, delle ricadute in ambito politico e sociale rappresentano un passaggio obbligato per la creazione di una cultura della protezione civile. Nella consapevolezza del fatto che questa, da sempre, è una terra ballerina, che dunque non può prescindere dalla prevenzione.

Il campo logistico allestito nel vecchio stadio Amadei.

Nessun morto, ma vite sconvolte

Tante le storie drammatiche, le vite sconvolte da quei 25 secondi di scossa. Come quella di un giovane fornaio salodiano, che per avviare la sua attività aveva acceso mutui più grandi di lui, ipotecato terra, assunto dipendenti per poi vedere il suo sogno di una vita spazzato via in una manciata di secondi. O come quella del parrucchiere rimasto senza bottega, che dopo il sisma si è arrangiato praticando qualche taglio a casa, fin quando i clienti, uno dopo l’altro, si sono dileguati. O, ancora, la storia della gardonese Catina Bigoloni, sfollata a 106 anni di età e ricoverata nella casa di riposo di Salò. La signora Catina si è spenta pochi mesi dopo il terremoto, col rimpianto per non aver potuto fare ritorno nella casa in cui aveva vissuto per più di un secolo. Le crepe del terremoto hanno svelato e amplificato anche le difficoltà di gente che tirava avanti al limite della sopravvivenza, anziani senza un regolare contratto d’affitto ed extracomunitari che non hanno potuto usufruire di alcuni contributi legati all’indennità di autonoma sistemazione perché inquilini di locali fatiscenti e inagibili già prima della scossa. Uomini e donne che vivevano un’emergenza subdola e silenziosa, d’un tratto rivelata dal terremoto. Sono tante storie drammatiche, per lo più non raccontate, che hanno segnato nel profondo le coscienze di tante persone.

La testimonianza: un vortice senza ritorno

Flavio Casali, funzionario comunale salodiano, ha curaro un dettagliatissimo volume, edito nel 2009, sul terremoto di Salò (da cui è tratta la foto sopra). Questo un estratto della sua testimonianza di quella notte: «In piena fase rem, un boato incredibile – tremendo, cupo e profondo, una specie di mina o di bomba dal tuono assordante, fragoroso e nel contempo “speciale”, quasi metallico, qualcosa di mai udito prima d’ora ma solo immaginato attraverso i fotogrammi di film di guerra – ci sveglia, facendoci sobbalzare dal letto. Un botto di proporzioni indescrivibili che, esplodendo dal sottosuolo, ha desiderato, rabbiosamente desiderato, scrollarsi di dosso la crosta di terra che occupiamo. Tutto trema, traballa, in un vortice senza ritorno. Uno spasmo del sottosuolo della durata di venti secondi: una vertigine di terrore accompagnata dal fracasso dei cristalli rovinati a terra dagli appoggi in sala, piatti dagli equilibri precari rovesciati dalla piattaia, ceramiche e porcellane cinesi appese alle pareti, quadri, specchi, ripiani “spatasciati” dappertutto. Non fatico a capire che si tratta di un terremoto, anche se non ne ho mai subìto conseguenze dirette… Scendendo dal letto ho una sensazione pazzesca di instabilità, come se tutto, compreso il pavimento, si incurvasse animato dal panico, sobbalzando, tremando… Barcollando, come accade appoggiando la pedata sulla barca, raggiungo l’interruttore. Niente, la luce non c’è!».

La faticosa ricostruzione

«Mi prometta che tornerete tra tre settimane». Una donna di Salò, sfollata, si rivolgeva così, il giorno dopo la scossa, ai giornalisti di un Tg nazionale. Aveva fiutato il pericolo che si cela dietro un terremoto come questo, in realtà disastroso, ma senza morti. Dunque difficile da raccontare, che non fa audience. Anche a Salò e dintorni, nei giorni di grande incertezza che seguirono il 24 novembre, era diffuso il timore che questo potesse diventare un “terremoto dimenticato”, scordato dalle istituzioni. Eppure i danni erano ingenti: danneggiati 3.649 edifici privati, 315 edifici ecclesiastici, 183 edifici pubblici. Un disastro calcolato in 215 milioni di euro. L’attività di rilevazione dei danni è partita subito. Tale procedura è stata utile per redigere il piano degli interventi, divenuto parte essenziale dell’ordinanza commissariale n. 36 per la messa in sicurezza ed il ripristino degli edifici.

Le cronache hanno raccontato le scelte vincenti che hanno caratterizzato la sfida della ricostruzione: la stretta collaborazione tra Enti locali e il Commissario straordinario per il sisma Massimo Buscemi, allora assessore regionale alla Protezione Civile; la fiducia dei cittadini verso le istituzioni (che all’inizio, quando ancora non c’era la certezza dei finanziamenti, è stata un vero e proprio atto di fede); la nomina di un unico «soggetto attuatore», il funzionario regionale Silvio Lauro, e la definizione di priorità precise; le scelte strategiche della Regione. Per Lauro «la selezione dei criteri attuativi è stata il punto di forza della strategia della ricostruzione: la definizione della priorità degli interventi, le percentuali di contributo (80% alle prime case, 70% agli edifici ecclesiastici, 100% agli edifici pubblici), la scelta del miglioramento strutturale del patrimonio edilizio ripristinato (almeno del 50%)». A ricostruzione ormai in fase avanzata il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, aveva avuto modo di affermare: «Sul Garda e in Valsabbia è stato fatto un lavoro esemplare: a confronto di quanto successo altrove in situazioni analoghe, la Lombardia e i bresciani hanno dato ancora una volta un segnale di grande efficienza». Nel volgere di qualche anno case, scuole, municipi e chiese sono stati in gran parte recuperati, ristrutturati, migliorati dal punto di vista strutturale.

Stato e Regione hanno erogato contributi per 121 milioni di euro, che hanno consentito, assieme alle quote garantite dai privati, di recuperare il patrimonio edilizio danneggiato. Alcuni immobili, gravemente compromessi, sono stati abbattuti e riedificati, come l’edificio che ospitava l’antica trattoria Sirena, nel quartiere delle Rive a Salò. L’intervento pubblico più oneroso (3,6 milioni) e complesso è stato senza dubbio quello del municipio di Salò, l’antico palazzo della Magnifica Patria, i cui lavori di restauro furono inaugurati dal ministro di Grazia e Giustizia Clemente Mastella l’8 settembre 2006, a 100 anni esatti dal precedente rifacimento per il sisma del 1901. In quell’occasione il sindaco di Salò, Gianpiero Cipani, disse: «La notte del 24 novembre 2004 ci siamo ritrovati, d’un tratto, con un paese in ginocchio. Le prospettive erano cupe: ci vorranno anni, si diceva, per risollevarci. Invece, a meno di due anni dal sisma, grazie al lavoro dei cittadini, dell’Amministrazione, dei funzionari e di tutti i dipendenti comunali, oggi la nostra città si presenta al pubblico in tutto il suo splendore e il palazzo municipale è il simbolo più evidente di questa straordinaria rinascita». 

La sommità di uno dei tanti campanili danneggiati dal sisma.

La scossa

Epicentro: latitudine 45.67 N – longitudine 10.54 E (tra Salò e Vobarno)

Profondità epicentrale: tra gli 8 e i 10 km

Magnitudo scala Richter: 5.2

Intensità teorica all’epicentro: VIII scala Mercalli

I danni

Comuni colpiti (nei quali c’è stato almeno un edificio inagibile): 66

Persone sfollate: 2.202

Edifici privati danneggiati: 3.649

Edifici ecclesiastici danneggiati: 315

Edifici pubblici danneggiati: 183

Danni stimati: 215 milioni di euro

Feriti lievi: 5 (4 a Salò, 1 a Preseglie)

Spese per la ricostruzione

Autonoma sistemazione (contributo affitti per gli sfollati): 2.252.911,52 euro

Interventi di prima emergenza: 5.194.423,14 euro

Interventi di ripristino immobili privati: 55.203.000,00 euro

Interventi di ripristino edifici pubblici e infrastrutture: 21.260.614,01 euro

Interventi di ripristino edifici ecclesiastici: 34.874.197,34 euro

Contributi ad attività produttive: 609.766,20 euro

Spese varie: 1.710.071,85

Importo complessivo impegnato: 121.104.984,06 euro

Numero persone evacuate

Dicembre 2004: 2.202

Gennaio 2005: 1.767

Febbraio: 1.652

Marzo: 1.094

Aprile: 1.045

Maggio: 1.020

Giugno: 969

Luglio: 880

Agosto: 834

Settembre: 804

Ottobre: 765

Novembre: 730

Dicembre: 634

Gennaio 2006: 582

Febbraio: 533

Marzo: 515

Le fotografie di questo servizio sono tratte dal libro “Il terremoto di salò del 24 novembre 2004”, edito dal Comune di Salò.

Share
Published by
GardaPost