Ecco il Trisoro, un nuovo dolce simbolo per il lago Garda

GARDONE RIVIERA – Si chiama “Trisoro” perché racchiude tre ori: verde (olio), rosso (zafferano) e nero (cioccolato). Lo trovate da oggi da “El Pastiser” di Salò. Ecco la sua storia.

Un dolce che unisce tre ori, in qualche modo tutti profondamente legati al Garda. L’oro verde, ovvero l’olio d’oliva, simbolo e prodotto d’eccellenza di queste riviere; l’oro nero, il cioccolato, che sul lago, e a Salò in particolare, vanta una lunga tradizione (si pensi ad esempio all’impresa commerciale della Cedrinca che si mise a produrre il suo cioccolato con l’aggiunta di cedro coltivato sul Garda); infine l’oro rosso, lo zafferano, che ai tempi della Magnifica Patria correva lungo le vie dei commerci tra Venezia e l’Oriente.

Tre tesori che Marco Zuanelli, titolare della pasticceria «El pastiser» di Salò (dove già da oggi potrete trovare il Trisoro!), alchimista del gusto, ha combinato tra loro in un dessert cremoso, il «Trisoro» appunto, originale di Salò, dedicato alla storia della Magnifica Patria.

Un dolce che nasce quasi da una provocazione dell’imprenditore Andrea Calubini, che a Marco ha portato il “suo” zafferano in pistilli, affidandolo alla sua arte di pasticcere.

Zuanelli, maestro nell’infondere in un dolce l’essenza di un territorio (sua la celebre «pralina all’olio del Garda»), non ci ha pensato due volte. «L’ho assaggiato – dice el pastiser – e subito ho pensato al cioccolato e all’olio». Peraltro non un olio qualsiasi, ma l’extravergine denocciolato «Numero Uno» di Gianfranco Comincioli, pluripremiato e considerato uno dei migliori extravergine d’oliva al mondo (www.comincioli.it).

Il “Trisoro”, un dolce per Salò e la Magnifica Patria nato dalla maestria pasticciera di Marco Zuanelli.

C’è poi un altro prodotto del territorio in questo dolce delicato e goloso, in cui lo zafferano riveste il ruolo di protagonista senza però risultare invadente: è la farina gialla di Storo, che compare sotto forma di biscotto, anch’esso aromatizzato allo zafferano, adagiato sopra la salsa al cioccolato che ricopre la crema allo zafferano. Completa quest’opera d’arte l’aggiunta di qualche goccia di Numero Uno, ad esaltare ed armonizzare ulteriormente gli altri sapori.

“El pastiser” Marco Zuanelli con il figlio Francesco.

La presentazione del Trisoro, promossa mercoledì nella Sala dei Provveditori in collaborazione con «Salòtto Gentleman Cultural Club» di Roberto Marai, è stata preceduta dalla presentazione dell’impianto sperimentale di coltivazione idroponica dello zafferano di Intergreen presso lo stabilimento PBR di Maclodio.

Dopo i saluti del sindaco Giampiero Cipani sono intervenuti Anna Giorgi di Unimont, Antonio Ferrante e Roberto Pilu dell’Università Agraria di Milano, che stanno seguendo Calubini nell’avvio di questa nuova avventura imprenditoriale che, probabilmente, rivoluzionerà la produzione dell’oro rosso.

L’imprenditore Andrea Calubini con il sindaco di Salò Giampiero Cipani.

Una nuova frontiera nella produzione dello zafferano

La apre uno dei più fecondi imprenditori salodiani, Andrea Calubini, patron di Intergreen Spa, azienda bresciana che si occupa di trattamento rifiuti, che non solo ha inseguito il suo sogno per mezzo mondo, ma ha dimostrato che anche una delle cose più rare, preziose e costose della cucina internazionale può essere prodotta in abbondanza.

Parliamo dell’oro rosso, lo zafferano, spezia antichissima, nota in Asia Minore già milioni di anni fa, amata ed apprezzata da Greci, Romani e Fenici. Lo zafferano, ormai coltivato a tutte le latitudini, fiorisce una volta all’anno. Per produrre la pregiata spezia occorre una laboriosità infinita (per 1 kg di pistilli servono 100mila fiori!) e arriva sulle tavole essiccata, e mai fresca.

I bellissimi e delicatissimi fiori dello zafferano.

«Come intensificare la produzione per avere zafferano fresco?», si chiede Calubini. La risposta la trova su una rivista, in un articolo che parla di una ditta giapponese che produce insalata tramite coltura idroponica, tecnica che, in buona sostanza, permette di far crescere le piante in soluzioni acquose. «Ho preso un aereo – dice Calubini – e sono andato a vedere. Impressionante: in un capannone di 800 metri questi giapponesi producono 10mila gambe di insalata al giorno, comprimendo i tempi del ciclo produttivo in soli 28 giorni». «Se lo fanno con l’insalata, perché non farlo con lo zafferano?», si è chiesto l’imprenditore, che si ricorda di aver partecipato, tempo prima, ad un convegno al distaccamento dell’università di Agraria, a Edolo, dedicato proprio alla coltivazione dello zafferano.

Spiega Calubini: «La terra è notoriamente bassa, avevo pensato in quella circostanza, e raccoglierlo costa una gran fatica. Perché, dunque, non applicare i principi dell’idroponica allo zafferano?». Con la collaborazione dell’Università Agraria di Milano, Calubini investe in spazi e termoculle che simulano l’alternarsi delle stagioni e dopo 12 mesi di prove, nell’impianto pilota attrezzato a Maclodio, “partorisce” il primo fiore. È fatta: il salodiano riuscirà a produrre zafferano fresco almeno 3-4 volte l’anno. «Adesso mi copieranno – dice – ma godo al pensiero di averlo fatto per primo».

La presentazione dell’impianto sperimentale di coltura idroponica dello zafferano, in Sala dei Provveditori.
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Simone Bottura