Favolacce, in streaming il film italiano premiato a Berlino. Ce ne parla Camilla Lavazza

Trama: In un quartiere di anonime villette a schiera, alla periferia di Roma Sud, durante una torrida estate si intrecciano le vite di alcune famiglie in cui, sotto l’apparente normalità, serpeggia una violenza bestiale, una follia latente, derivata dalla frustrazione degli adulti, pronta ad esplodere e a trasmettersi anche agli innocenti…

Il film è on demand da lunedì 11 maggio ai seguenti link:

Il costo del noleggio è di 7,90 euro

 

Critica: Non facciamoci ingannare dal titolo e nemmeno dalla frase ammaliante, ripetuta anche nel trailer “Quanto segue è ispirato ad una storia vera, la storia vera è ispirata ad una storia falsa, la storia falsa non è molto ispirata”.

Favolacce non è affatto una favola ed è decisamente un film per adulti, non è propriamente nemmeno una cosiddetta “favola nera” ma piuttosto uno spaccato di durissima realtà visto, come in una lente deformante, attraverso gli occhi di un bambino, che a tratti comprende con inquietante lucidità ed a tratti vive l’orrore quotidiano con “fanciullesca inconsapevolezza”.

“Non resto colpito dai fatti in sé, ma dalla sensazione di misteriosa reticenza che mi provocano, come se tutto non fosse effettivamente su carta, eppure presente con pesantezza” in queste parole, che sentiamo pronunciare dalla voce narrante di Max Tortora all’inizio del film, è racchiusa l’inquietudine che non ci si lascia alle spalle dopo aver terminato la visione di questa storia che necessita di sedimentazione, come un racconto per adulti letto da bambini, di cui si intuisce solo una parte ma che lascia aperti infiniti interrogativi, senza fornire spiegazioni e risposte facili.

Scritto e girato con mano sicura dai fratelli D’Innocenzo, giovani registi romani, fotografi e poeti (si vede lo sguardo dei fotografi nelle inquadrature e si sente il ritmo della poesia, nella voce fuori campo e nell’uso sempre giustificato degli sfocati o del ralenti) Favolacce è un film disturbante, in cui gli adulti mostrano tutta loro bestialità. Anche ciò che viene solo accennato (la libidine dei padri verso la donna alla festa in giardino) emerge di riflesso nei comportamenti dei piccoli (i surreali e innocenti tentativi erotici dei bambini) contribuendo ad accrescere l’ambiguità dell’atmosfera.

Tra gli interpreti, oltre ai ragazzini, tutti eccezionali, spiccano Elio Germano, sempre una certezza, padre nevrotico che sfoga con violenza la sua frustrazione repressa sui famigliari, e Ileana D’Ambra (speriamo che trovi altri registi capaci di valorizzarla perché ha quel nonsoché che distingue le attrici speciali), ragazza madre che mostra una fragilità di bambina-adulta con una parlata sguaiata e una fisicità animale di cui i registi riprendono i dettagli con primi piani implacabili (i pantaloncini bagnati di sudore, le unghie dei piedi) e scene spiazzanti (il biscotto).

L’ambientazione si rifà al mito Americano delle casette a schiera (evidente nella scena del mercatino tra vicini o nella pretenziosa piscina gonfiabile) e la bella fotografia di Paolo Carnera è efficace nel restituire il sapore di un’estate afosa in cui tutto può accadere.

Anche la casa di legno prefabbricata del ragazzo padre, che alleva il gracile e docile figlioletto attraverso prove di virilità, richiama l’immaginario rurale statunitense e nella scena del ragazzo con il fucile di legno riecheggia la celebre fotografia del bambino con la granata di Diane Arbus, ma la parlata in romanesco, a volte anche un po’ difficile da comprendere, ci ricorda sempre che ci troviamo nella periferia di Roma e non in Arkansas o nel New Jersey.

Le riprese mischiano campi lunghissimi, distaccati, voyeuristici, che accrescono la tensione della trama (la cena serale nel giardinetto) a primi piani inesorabili (il volto pallido del ragazzo con il morbillo, il sugo alla mensa scolastica), sempre evitando virtuosismi fini a se stessi, e la sceneggiatura nasconde bene i sui colpi di scena in modo che arrivino dritti come pugni, lasciando ampio spazio al non detto, mentre il montaggio si fonde con la suggestiva musica di Egisto Macchi, un’incisione rara del 1972, intessuta di percussioni e rumori, con un risultato raffinato e angosciante.

Un film attraversato da un umorismo nerissimo e disorientante, che rilancia il nostro cinema italiano sul piano internazionale con una storia “di quartiere” ma universale.

Camilla Lavazza

 

La scheda del film

Regia, soggetto e sceneggiatura: Fabio e Damiano D’Innocenzo

Interpreti e personaggi

Elio Germano (Bruno Placido)
Barbara Chichiarelli (Dalila Placido)
Lino Musella (prof. Bernardini)
Gabriel Montesi (Amelio Guerrini)
Max Malatesta (Pietro Rosa)
Tommaso di Cola (Dennis Placido)
Giulietta Rebeggiani (Alessia Placido)
Giulia Melilio (Viola Rosa)
Laura Borgioli (Ada Tartaglia)

Ileana D’Ambra (Vilma Tommasi, la ragazza madre)

Max Tortora (Voce recitante)

Musica tratta dall’album “Città notte” (1972)

del Maestro Egisto Macchi

Paolo Meneguzzi “Sara”

“Passacaglia della vita” interpretata dai Birds on a Wire (Rosemary Standley & Dom La Nena)

Montaggio: Esmeralda Calabria
Costumi: Massimo Cantini Parrini
Scenografia: Emita Frigato,

Paola Peraro, Paolo Bonfini
Fotografia: Paolo Carnera
Suono: Fabio Pagotto (Montaggio del suono di presa diretta), Marc Thill (presa diretta)
Casting: Gabriella Giannattasio, Davide Zurolo

Produzione: Pepito Produzioni

in collaborazione con Amka Films Productions, QMI, Rai Cinema, Vision Distribution

Prodotto da Agostino e Giuseppe Saccà Produttore associato Gianni Cova

Co-produttori Tiziana Soudani, Michela Pini, Gabriella De Gara

Produttore esecutivo Salvatore Pecoraro

Durata 98 minuti

 

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Camilla Lavazza