L’epistola del 1550 «alli Cittadini di Riva di Trento»

RIVA DEL GARDA - Si presenta venerdì 22 novembre all'archivio storico Riva del Garda (in via Lipella 1) la ristampa anastatica della epistola che il monaco benedettino Georgio Siculo scrisse nel 1550 «alli Cittadini di Riva di Trento», recentemente ritrovata. A cura di Graziano Riccadonna (associazione Riccardo Pinter), con l’intervento del prof. Diego Quaglioni (Università di Trento). Inizio alle ore 17, ingresso libero.

Con questa pubblicazione si apre una finestra sulle complesse vicende del periodo del Concilio di Trento che interessò attivamente il territorio del Basso Sarca. Se nota era la storia della tipografia ebraia che stampava le relazioni conciliari, più complessa è la presenza di personaggi che in qualche modo furono portatori nelle discussioni conciliari delle istanze concilianti nei confronti dei protestanti luterani e anabattisti, sostenute tra l’altro da eminenti rappresentanti della curia romana quali i cardinali Cristoforo Madruzzo, l’inglese Regnaldo Pole, il vescovo Gerolamo Vida di Cremona. A Riva è documentata anche la presenta del vescovo di Capodistria Paolo Vergerio, certamente la figura più emblematica dei sostenitori della riforma protestante italiana.

La «Epistola di Georgio Siculo alli Cittadini di Riva di Trento», creduta scomparsa a causa della distruzione sistematica di tutte le sue opere dopo la condanna da parte della Controriforma, ma recentemente ritrovata da Delio Cantimori all’Archiginnasio di Bologna, era stata stampata a Bologna nel periodo coevo del Concilio. La sua preziosità deriva dal fatto che era stata inviata con la copertina rossa e donata dal Siculo alla comunità di Riva e al capitano e pretore presso la Rocca di Riva nel mese di luglio 1550, all’indomani della precipitosa fuga di Georgio Siculo dal Trentino per rifugiarsi in Emilia, tra Ferrara e Bologna, dove l’epistola sarà data alle stampe da Giaccarello (subito dopo la fuga, una copia dello scritto lo stesso Georgio Siculo fa consegnare al consiglio della comunità di Riva, scusandosi dell’affrettata partenza da Riva).

Nell’opera, il Siculo prende posizione contro il luterano Francesco Spiera, che «ha temerariamente ed mendacemente incolpato la gratia et divina bontà della impeninentia et dannatione delli increduli et ostinati peccatori», attaccando la tesi della misericordia divina che accoglie qualunque peccatore voglia tornare alla vera fede. Avversando in modo esplicito la tesi dei protestanti, Georgio Siculo sembrava e ambiva porsi in un ambito di rigore cattolico, riaffermando la piena fiducia nel libero arbitrio contrario a ogni ipotesi di predestinazione. Ma le sue vicende personali e dottrinali l’hanno portato a sostenere la dissimulazione per fede e la doppia verità, e per questo a essere processato e ucciso dall’Inquisizione nelle carceri di Ferrara nel 1551.

 

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