Ciclovia, uno sfregio al Parco e al territorio

LAGO DI GARDA - L'ex direttore del Parco Alto Garda interviene sulla ciclovia, opera che «disegna un grande vuoto culturale, politico e imprenditoriale, a favore di interessi speculativi di pochi».

Scrive la dott.ssa Beatrice Zambiasi, ex direttore del Parco Alto Garda Bresciano: «Quando ho firmato e sostenuto la petizione «Contro una ciclovia del Garda non sostenibile» mi sono sentita in dovere di intervenire in maniera critica contro chi si è proposto di sfigurare l’ambiente naturale, già pesantemente compromesso dall’intervento dell’uomo.

Non lo faccio per seguire “l’aria di rivalsa ideologica contro la ciclabile”, come si denuncia sommariamente, con un improbabile “linguaggio politico-militante”, nel comunicato stampa a firma «Legambiente Lombardia» (lo abbiamo pubblicato qui).

Piuttosto scrivo queste righe semplicemente per coerenza e senso di responsabilità verso un patrimonio pubblico che ho sempre cercato di tutelare, sia come dirigente pubblico, sia come privata cittadina.

I responsabili regionali di Legambiente descrivono, in suddetto comunicato, il paradossale sostegno alla ciclovia del Garda come “soppesato” dal rigore “tecnico e politico” e dalla convinzione dell’utilità sociale di ciò che qualificano come “non solo innovazione infrastrutturale e attrattività turistica, ma occasione per ridisegnare la mobilità troppo caotica della Gardesana”.

Queste sorprendenti parole segnalano come l’associazione più diffusa sul territorio nazionale, che si vanta di essere fondata sull’ambientalismo scientifico, mostri, invece, un’arroganza e un’impreparazione pari solo alla volontà di ignorare il territorio, le sue caratteristiche naturali, i suoi valori storici e culturali.

Sarebbe il caso di ricordare loro che viviamo in un contesto di alto pregio ambientale, in un ecosistema fragilissimo, dove storia e natura si abbracciano ancora. Forse non rammentano nemmeno che il Garda si è configurato nel tempo come una realtà che favorisce e contribuisce all’esistenza di eccellenze uniche al mondo.

Ospita il Parco Alto Garda Bresciano che si estende da Salò al confine Trentino, un’area protetta di 38.000 ettari, istituito nel 1989 dalla Regione Lombardia. Sul lago si affacciano Siti Natura 2000, il “Monte Comer” e il “Monte Cas-Cima di Corlor”, riconosciuti dalla Comunità Europea come Zone Speciali di Conservazione (ZSC).

La vera sfida per il futuro non dovrebbe essere una ciclovia destinata ad un fallimento che produce efficacemente solo la distruzione di quel bene comune che è il patrimonio naturalistico su cui siamo seduti e in cui siamo nati. Invece, l’innovazione per una migliore qualità della vita nel futuro dovrebbe essere applicata con urgenza ad estendere il parco a tutte e tre le regioni e a coinvolgere cittadini nella promozione delle loro stesse attività produttive attraverso la difesa della qualità dei prodotti e della possibilità di vivere, lavorare e mantenere un ambiente libero da devastanti e sbagliati interventi.

Il consorzio per la promozione turistica del Garda, come le associazioni di commercianti e albergatori, nella totale confusione, sono bloccate da pregiudizi piuttosto che da serie analisi. Non sanno come gli esiti degli studi statistici, in Italie e all’estero, sottolineino l’importanza economica di salvaguardare l’unicità e l’autenticità naturale e culturale.

Preferiscono sostenere la proposta di servizi artificiali, come le ciclovie, riproducibili e consumabili in ogni parte del pianeta. Promuovono un turismo della simulazione e pensano al turista come a un essere incapace di riconoscere la qualità e facile da convincere della bellezza di pedalare su costosissime e fintissime strade di cemento, talmente sovraffollate da impedire il godimento di un panorama naturale di per sé compromesso.

Può l’ecosistema del Garda utilizzare il modello delle piste da sci di Dubai, costruite in città o nel deserto? Purtroppo non servono dati statistici per capire come la natura sia immensamente più potente di noi. La recente frana sulla Gardesana, proprio dove dovrebbe passare la ciclovia, ne è la dimostrazione. Chissà se servirà anche da avvertimento e risveglierà le coscienze sui devastanti effetti causati dalle attività umane, già responsabili dei “cambiamenti climatici”, della crisi delle risorse idriche e, speriamo di no, della possibilità di coltivare i prodotti dei nostri territori.

Finti ciclisti su finte ciclovie, riusciranno a contribuire anche alla perdita della biodiversità? La ciclovia non segna solo un percorso da fare sulle due ruote. Piuttosto disegna un grande vuoto culturale, politico e imprenditoriale, a disposizione degli interessi speculativi di pochi e della incapacità degli enti pubblici e delle associazioni.

Beatrice Zambiasi, ex direttore Parco Alto Garda Bresciano

 

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