Uccellatore bresciano condannato per uso abusivo di sigilli e maltrattamento animali

BRESCIA - Condannato un cacciatore bresciano: deteneva in gabbia specie protette e faceva un uso improprio degli anelli identificativi per uccelli.

Modificare gli anelli identificativi degli allevatori per infilarli sulle zampe di uccelli destinati a diventare richiami vivi dopo essere stati catturati in natura, configura il delitto di uso abusivo di sigilli, previsto e punito dall’art. 471 del Codice Penale.

Costringere in gabbia tordi “privandoli del volo e dei comportamenti tipici della selvatichezza, per crudeltà e senza necessità” cagionando l’amputazione di arti e appendici in vani tentativi di volo, configura il delitto di maltrattamento di animali.

«Sono questi i punti salienti – fa sapere la Lega per l’Abolizione della Caccia – della sentenza n. 863 del G.U.P. di Brescia, che ha condannato un uccellatore con licenza di caccia della Valtrompia a 6 mesi di reclusione e 200 euro di multa, per una serie di reati che vanno dal maltrattamento animali, alla detenzione di specie particolarmente protette (come pettirossi, passere scopaiole e frosoni), sino all’uccellagione.

L’uomo era stato scoperto e denunciato dai carabinieri forestali del SOARDA nel 2022 a seguito della segnalazione dei volontari della Lega per l’abolizione della caccia.

Segnalazione confermata dal ritrovamento da parte dei militari di un grande impianto di cattura abusivo formato da numerose reti, richiami elettroacustici e richiami vivi di provenienza illegale, un vero roccolo, all’interno del giardino privato di una villa.

Nella sentenza del G.U.P. si legge – tra l’altro- che l’imputato, che ha patteggiato la pena, “essendosi procurato dei veri anelli identificativi per uccelli (sigilli e strumenti di pubblica autenticazione per certificare la cattività degli animali) attraverso il loro rimaneggiamento con l’uso di pinze e punte coniche, ne faceva uso abusivo riuscendo ad infilarli sulle zampe di 21 uccelli di provenienza selvatica”.

L’alterazione o la contraffazione degli anelli identificativi apposti ai richiami  vivi ad uso venatorio, per simulare la nascita in cattività di esemplari selvatici catturati illecitamente in natura – conclude la Lega per l’Abolizione della Caccia -, costituisce tuttora il presupposto fraudolento per alimentare un mercato lucroso illegale ed esentasse che vanta importanti appoggi politici ed associativi ancora duri a morire».

 

 

I commenti sono chiusi.