Trentodoc, la montagna del Trentino nel calice

TRENTINO - Il territorio trentino si sviluppa per il 70% sopra i mille metri di altitudine, il 20% sopra i 2.000 e ci sono 94 vette superiori a 3.000 metri. Un’altitudine che si trova in modo molto chiaro in un calice di Trentodoc.

A raccontarlo, Stefano Berzi e Simone Loguercio, Migliori Sommelier d’Italia dell’Associazione Italiana Sommelier 2021 e 2018, nel corso dell’incontro, svoltosi sabato 23 alle 11.30 negli spazi della Filarmonica di Trento, dal titolo “Di 100 in 100, le quote delle vigne Trentodoc”, nell’ambito del Trentodoc Festival.

La viticoltura trentina si sviluppa in media tra i 200 e i 660 metri di altitudine, ma si spinge anche fino ai 900 metri e la tendenza è quella dell’innalzamento delle quote.

A questo si aggiungono micro-aree che, con le loro caratteristiche, danno unicità, come la presenza di porfido in Val di Cembra, e il clima: nella valle dei Laghi il clima è mediterraneo, la Valsugana e la val di Cembra hanno climi più continentali.

La quota influisce sul ciclo vegetativo della vite, ritardandolo (ogni 100 metri di quota la temperatura si abbassa di un grado). Questo va a influire anche sulle dimensioni del grappolo, che in Trentino sono il 30% più piccoli, e una maturazione più lenta che conferisce un corredo aromatico più completo. La montagna è un volano termico eccezionale, creando anche a quote inferiori delle escursioni termiche importantissime per una corretta di acidità delle basi spumanti.

TRENTODOC FESTIVAL [Foto Matteo Rensi Archivio Ufficio Stampa PAT].

«Una montagna che regala al vino degli aromi unici, che si possono ritrovare solo in un calice di Trentodoc», ha affermato Loguercio, supportato anche dalla ricerca scientifica. Uno studio svolto dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, insieme alla Fondazione Edmund Mach e al ministero delle Politiche Agricole e Forestali, dal titolo “Nuove metodologie analitiche per la tracciabilità geografica e varietale di prodotti enologici”, ha analizzato 43 Trentodoc provenienti da tutto il Trentino ed è arrivato a certificare che se un metodo classico contiene un numero consistente di specifici composti volatili, generati grazie alle escursioni termiche tipiche degli ambienti montani, non può che essere un Trentodoc.

Una sorta di firma territoriale – giocata su acidità e sapidità e poche sensazioni di lieviti – che distingue i prodotti della denominazione da altri spumanti italiani.

Nella foto Simone Loguercio [Foto Matteo Rensi Archivio Ufficio Stampa PAT].

Per comprendere tutto questo, cosa può esserci di meglio che degustare? Nel calice, quindi, sono sfilati sei Trentodoc provenienti da altrettante zone e altitudini del Trentino, descritti e raccontati dai due sommelier
Prima bollicina nel calice un Trentodoc 100% di uve Chardonnay coltivate a 200 metri di altitudine in Vallagarina, si tratta di un millesimato 2019, 24 mesi sui lieviti: al naso sprigiona eleganti sentori di mela e pesca bianca, con note di lievito e crosta di pane sullo sfondo; in bocca si rivela secco, fresco e ben strutturato, con una bella effervescenza.

Si inizia ad alzarsi di quota con  il Trentodoc 100% uve Chardonnay coltivate a 350 metri tra Mezzocorona e Mezzolombardo, 36 mesi sui lieviti: mostra mineralità e sapidità e un’anima calcarea e gessosa tipica della Dolomia, la pietra tipica delle dolomiti dove le vigne di questo Metodo Classico affondano le loro radici.

Ecco poi un Trentodoc millesimato 2017, 85% di uve Pinot Nero e 15% di uve Chardonnay coltivate a 400 metri di altitudine in Piana Rotaliana, 36 mesi sui lieviti: mostra cremosità e avvolgenza.

Stefano BRIZZI [Foto Matteo Rensi Archivio Ufficio Stampa PAT].

Quarto Trentodoc nel calice, un millesimato 2019, 100% uve Chardonnay coltivate tra i 500 e i 600 metri attorno alla città di Trento, 36 mesi sui lieviti e una vinificazione giocata tra legno e acciaio: l’acidità sale con l’altitudine e la composizione gessosa del terreno, ma le tecniche di lavorazione vanno a cesellare il gusto con sentori salini di ostrica, fruttati e di fiori bianchi, e leggere note di nocciola tostata e crosta di pane, mentre in bocca è un esplosione di agrumi, pieno, fresco e ben bilanciato tra acidità e sapidità.

Si sale un po’ di quota (600 metri) con il Trentodoc 100% Chardonnay, 48 mesi sui lieviti, affinato per 40 mesi in Valsugana, a 660 metri di altitudine all’interno di un’imponente costruzione austroungarica della prima guerra mondiale: strutturato e fine, al naso ricorda la frutta matura, in particolare la mela ma anche il miele di millefiori e le erbe aromatiche.

Chiude la batteria un Trentodoc 100% Chardonnay della val di Cembra, 36 mesi sui lieviti, le cui uve sono coltivate a 700 metri di quota: acidità importante data anche dal terreno porfirico, sensazioni di lime e grande mineralità.

Trentodoc Festival è promosso dalla Provincia autonoma di Trento e organizzato da Istituto Trento Doc e Trentino Marketing, in collaborazione con il Corriere della Sera.

TRENTODOC FESTIVAL [Foto Matteo Rensi Archivio Ufficio Stampa PAT].

 

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