Pfas nelle sarde del Garda: “Vietate la pesca”

LAGO DI GARDA - L'allarme è lanciato da Vincenzo Cordiano, cardiologo vicentino a capo di Isde, Medici per l'ambiente, Veneto, uno che il tema delle sostanze perfluoro-alchiliche lo segue da tempo. E che ora propone di vietare la pesca delle sardine. Sarebbero contaminate da sostanza tossiche e forse cancerogene.

L’agone (Alosa agone  sinonimo Alosa fallax lacustris) è un pesce di acqua dolce appartenente alla famiglia dei Clupeidi dell’ordine degli Clupeiformes, ci dice Wikipedia. L’agone è molto apprezzato non solo localmente attorno principali laghi del Nord Italia e ma è anche commercializzato a lontano dal luogo di pesca; piò essere consumato fresco, essiccato o sotto sale, come le sarde. Sul lago di Garda è conosciuta anche come sarda di lago.

“Anche se molto gustosa – scrive il dott. Cordiano sul suo sito, www.vincenzocordiano.it – non mangerò mai più la sarda di lago caso mai ripassassi dalle parti del Garda o di qualsiasi altro lago del Nord Italia. E consiglio anche voi di non mangiarle, a meno che non vogliate farvi un carico di PFAS e di altri interferenti endocrini per esempio la diossina qualora vi trovaste dalle parti di Lazise, Bardolino, ecc.”.

Dice il dott. Cordiano che “uno studio recente (altre info qui) ha esaminato campioni di Agoni pescati nei principali laghi del Nord Italia (Garda, Iseo, Como, Maggiore, Mergozzo). Gli autori hanno cercato una ventina di PFAS, fra cui quelli dosati dalla Regione Veneto nell’acqua,  negli alimenti e nel nostro sangue. E li  hanno trovati, Soprattutto negli agoni pescati nel Lago Maggiore le concentrazioni di PFOS sono risultate preoccupanti, fino a 16,6 nanogrammi per grammo (ng/g)  di filetto. L’esemplare più “genuino”, per così dire,  ne aveva “soltanto” 0,4 ng/g   e proveniva dal lago di Iseo. Nei campioni provenienti dal Garda c’erano concentrazioni intermedie, fra 1,7 e 4,8 ng/g. Gli autori dello studio, forse perché un po’ deboli di stomaco, si sono limitati ad esaminare le parti nobili dei pesci, i filetti. Se avessero usato il pesce intero, le concentrazioni di PFOS, che si accumula molto di più nel fegato e nelle visceri rispetto ai muscoli dei pesci, sarebbero probabilmente risultate molto più alte”.

 

 

Scrive inoltre il medico: “Gli autori sono tutto sommato tranquillizzanti nello loro conclusioni. Infatti, dicono, in base ai valori di  dose giornaliera tollerabile di PFOS (la famigerata  TDI proposta nel lontano 2008 dall’EFSA), soltanto in qualche esemplare di sarda del lago Maggiore le concentrazioni sono tali da far superare, negli abituali mangiatori di quella specie di pesce, la dose massima consentita… Ma nel caso di molecole artificiali come i PFAS non esiste una dose per quanto minima di veleno che si può ingerire quotidianamente senza pericolo per la propria salute.

Un po’ sommessamente, ricordano che ci sono tuttavia altri valori di TDI proposti nel mondo, per esempio quelli dell’Australia e della Nuova Zelanda che per il PFOS sono di 20 ng/kg di peso al giorno. La TDI proposta dall’EFSA (l’agenzia europea per la sicurezza sugli alimenti che a sede a Parma) è per il PFOS di 150 ng/kg al giorno (quindi otto volte superiore a quella australiana) e di 1500 ng/kg al giorno per il PFOA.

Quindi se gli agoni del lago Maggiore fossero esportati in Oceania, probabilmente glieli rispedirebbero indietro per evitare di intossicare i cittadini australiani.

E anche in Europa la musica potrebbe presto cambiare se  la commissione europea si decidesse finalmente a far diventare legge le nuove TDI proposte dall’EFSA oramai due anni fa: per il PFOA 6 ng/kg a settimana (0,85 ng/kg/al giorno)  cioè una dose giornaliera 1875 inferiore a quella precedente. Per il PFOS la TDI è stata abbassata a 13 ng/kg a settimana (1,85 ng/kg al giorno), cioè 80 di volte di meno rispetto alla TDI del 2008″.

Cosa significano questi numeri?

Spiega il dott. Cordiano: “Facciamo un rapido calcolo e crediamo che se mangiaste soltanto un etto dell’agone del lago Maggiore con 16,6 ng/g di filetto, introdurreste un totale di 1660  (16,6 x 100) ng di PFOS, cioè la dose sufficiente per quasi due anni e mezzo (897 giorni per la precisione , cioè 1660 diviso 1,85). Lascio a voi di calcolare per quanti giorni basterebbe un etto dell’agone del lago di Garda.

Altri studi italiani avevano trovato in precedenza elevate concentrazioni di PFOS in atri tipi di pesce dei laghi del Nord Italia (anguille del lago Garda, persico reale dei  laghi  di Varese e Maggiore, lavarello del lago Maggiore), senza parlare delle anguille di Comacchio, dei mitili del mare Adriatico e di numerose altre specie animali marini e terrestri. È evidente che le autorità dovrebbero vietare immediatamente la pesca nei laghi contaminati e il consumo del pescato come sola misura in grado di difendere la salute pubblica dai PFAS.

sardine
La sardine di lago, consumate in gran quantità attorno al Garda.

 

Pfas: che cosa sono?

Leggiamo sul sito dell’Arpav, l’Agenzia regione per la protezione e prevenzione Ambientale del Veneto: “La sigla indica Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici). I PFAS sono composti chimici che, a partire dagli anni Cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa.

Come conseguenza dell’estensiva produzione e uso dei PFAS e delle loro caratteristiche chimiche questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative nell’ambiente e negli organismi viventi.

Nel 2006 l’Unione Europea ha introdotto restrizioni all’uso del PFOS, una delle molecole più diffuse tra i PFAS, da applicarsi a cura degli Stati membri. Per le acque potabili non sono ancora definiti e non esistono limiti di concentrazione nella normativa nazionale ed europea”.

Atre info qui: www.arpa.veneto.it/arpav/pagine-generiche/sostanze-perfluoro-alchiliche-pfas

 

La posizione del dott. Cordiano è stata ripresa anche dal quotidiano veronese L’Arena, che ricorda che «la Regione aveva già vietato il consumo delle anguille pescate nel Benaco a causa delle diossine», e spiega che le stesse anguille «hanno mostrato di avere al proprio interno anche Pfas».

Scrive inoltre L’Arena: «Il presidente di Isde Veneto, infine, ieri ha diffuso una nota in cui precisa di non aver mai affermato che i Pfas possono causare tumori ematologici o linfomi, pur ribadendo che studi epidemiologici, sia indipendenti che della Regione, sottolineano che ci sono varie patologie importanti associabili all’esposizione alle sostanze perfluoro-alchiliche».

Cordiano e l’Isde, inoltre, si riservano di agire contro la Regione, ritenendosi lesi nella propria onorabilità da affermazioni contenute in un comunicato diffuso da Venezia nei giorni scorsi. •

La questione è finita anche sulle colonne del quotidiano trentino L’Adige, che scrive: «In Italia non c’è una legge che regolamenti i limiti di Pfas (sostanze perfluoro alchiliche), ma solo delle linee indicate dall’Istituto superiore della sanità, per cui non c’è nessun obbligo di vietare il consumo della sarda di lago; Vincenzo Cordiano, però, pur ricordando che, secondo i valori di tolleranza vigenti, l’agone del Garda risulta a posto, spiega che sarebbe meglio attenersi alle indicazioni dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa)».

E dunque dopo le anguille del Garda alla diossina, per le quali è vietata la pesca e il consumo da quasi un decennio, ora è stato accertato che è presente anche l’inquinamento da Pfas, causato dagli scarichi industriali.

Aggiunge L’Adige: «Il monitoraggio sulle specie ittiche del lago di Garda – riferisce Raffaella Canepel, direttrice del Settore tecnico dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente – avviene in acque veronesi; a Riva del Garda la Provincia di Trento monitora invece le acque. Noi abbiamo fatto solo delle analisi sugli immissari alla ricerca di Pfas e non ne sono stati riscontrati né nel fiume Sarca né nel Varone. Può essere che ci siano nel Basso Lago agoni con presenza di Pfas; per quel che riguarda l’acqua in ingresso nel Garda risulta tutto a posto. Chiaro: i pesci si spostano. Noi sappiamo della diossina ma non del Pfas: è un settore in evoluzione, non c’è ancora una legislazione precisa».

Sardine del Garda.

 

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