Garda, Polesine e Gargano nelle immagini di Pino Mongiello

SALO' - In uscita per Grafo Edizioni «In certi luoghi dell'anima» (96 pagine, 12 euro): Garda, Polesine e Gargano nelle immagini di Pino Mongiello, con testi di Francesco Permunian e postfazione di Nino Dolfo.

Un percorso lungo i «luoghi dell’anima», «quelli – spiega il professor Pino Mongiello – che lasciano un’impronta nella nostra esistenza, che fanno parte della nostra memoria e ci accompagnano nel cammino della vita».

Un percorso che Mongiello –  già sin­da­co di Salò, pres­i­dente del­la Comu­nità del Gar­da e del­l’Ate­neo di Salò, scrittore e fotografo – affronta con al fianco un amico, lo scrittore Francesco Permunian, gardesano d’adozione, autore di un testo e di alcune poesie che accompagnano le immagini.

 

 

I tre luoghi dell’anima sono quelli in cui si intersecano le esistenze dei due autori. Mongiello è nato a Salò, da genitori provenienti dal Gargano. Permunian viene da Cavarzere, nel Polesine veneto, ma è da tempo cittadino di Desenzano del Garda.

«Il Garda – spiega Mongiello – è il luogo che mi ha dato i natali: da qui dunque hanno avuto inizio, per me, i racconti di vita. Su questo lago Francesco Permunian è giunto e vi ha posto radici trovandovi la realtà di un nuovo campiello, quasi prolungamento del suo amato Veneto che ha dovuto ben presto abbandonare. Di quella regione è la terra chiamata Polesine e, più ridotto ancora, è quel territorio fatto di terra e di acqua che è il Delta del Po: luogo nel quale mi sono addentrato non da turista ma col desiderio di scoprirne orizzonti, voci, storie profondamente umane. Infine il Gargano: la terra che si prolunga nell’Adriatico, rocciosa e carsica, terra dei miei genitori, tanto lontana e diversa da quella dove sono nato, ma con la quale ogni anno, per decenni, ho sviluppato un processo di conoscenza che ancora oggi mi stimola».

La vecchia fabbrica del ghiaccio di Salò (foto Pino Mongiello).

 

I luoghi dell’anima, scrive Mongiello, sono «in prevalenza, i luoghi dell’infanzia, quelli che, se col tempo subiscono una profonda metamorfosi nell’aspetto esteriore, sanno però sempre restituirci visioni ed echi del nostro vissuto. Talvolta, inavvertitamente, se ritorniamo a percorrerli, riaffiorano in noi persino odori e sapori di una realtà interiorizzata da tempo, ed anche sensazioni primordiali. “Luoghi dell’anima” sono anche quelli dove si è scelto di vivere, dando una svolta al passato, e dove si sta bene perché si è riusciti a intrecciare relazioni positive, a trovare persone con le quali condividere una quotidianità fatta di attese, di progetti, scoprendo quanto sia produttiva una solidarietà che aiuti a sperare».

«In questo libro – continua Mongiello – ci si sofferma a ricordare tre “luoghi” circoscritti, guarda caso tutti rapportati con l’acqua, è perché in essi si specchia la memoria di chi racconta con parole o con immagini frammenti del proprio vissuto, senza tuttavia lasciarsi prendere solo dall’abbandono nostalgico, anzi, guardando al futuro. Un’operazione, questa, decisa spontaneamente, quasi necessitata da una reciproca frequentazione con Francesco Permunian che dura ormai da alcuni anni, durante i quali il confronto delle idee prima, l’amichevole confidenza poi hanno fatto sì che due modi di pensare diversi, direi anche lontani, potessero trovare la sintesi o, almeno, la giustificazione per rivelarsi un’identità che non poteva rimanere nascosta o taciuta».

Santiago in Valtenesi (foto Mongiello).

 

Scrive Nino Dolfo nella postfazione: «Mongiello è nato a Salò ma ha mantenuto il cordone ombelicale e ancestrale con la Puglia, la terra dei padri (le vacanze estive sono pietre angolari nella formazione). Permunian è cresciuto a Cavarzere, basso Veneto, e si è stabilito a Desenzano. La linea di mezzeria è rappresentata dalla comune stanzialità sul Garda, cui fanno da controcanto le terre promesse o dell’abbandono. Il libro, questo libro, è un bellissimo pellegrinaggio di andata e ritorno tra l’Itaca domiciliare e quella della memoria. Parole e immagini. Permunian compie il periplo del lago in senso antiorario, raccontandosi gli angoli del cuore; Mongiello li ritrae facendoci scoprire tagli di luce, colori, linfa vitale e residui di wilderness, spostandosi poi su un Gargano preturistico e di un’antropologia demartiniana, e dentro la waste land del Polesine. Fotografare non è solo un frangente meccanico-retinico ma un atto cognitivo e sensoriale. Quasi filosofico, poetico».

Gargano: relitto di nobiltà.

 

Scrive ancora Mongiello: «Per quel che mi riguarda, cercare e comporre immagini fotografando il mondo che mi circonda l’ho sempre considerato un processo di conoscenza. Non faccio il fotografo per professione e nemmeno per hobby. Attraverso la fotografia voglio conoscere meglio le cose che vedo; forse voglio anche vedere qualcosa di più di quel che mi appare ad occhio nudo; voglio capire se l’istante fermato in un clic è in grado di offrirmi la lettura metaforica della realtà, senza intellettualismi, senza forzature. Fotografare è, comunque, per me, un modo per avvicinarmi alla realtà delle cose e delle persone, non un modo per allontanarmene o per evadere in altri mondi.

 

Isola del Garda (foto Mongiello).

 

Scrive Permunian: «…Voci fantastiche e seducenti, che spesso vengono a me sul far della sera. Oppure in piena notte, sempre portate a filo d’acqua dai venti che soffiano tutto l’anno sopra le onde del Garda. Il quale,
assieme al Polesine, in effetti fa da sfondo a ogni mio libro in guisa di sterminato campiello abitato da

persone e personaggi che si esprimono nelle lingue e nei dialetti di mezzo mondo. Storie e destini che s’intrecciano e si dissolvono da secoli e secoli e che, ovviamente, io cerco di catturare vagabondando sulle sponde pettegole del lago nella speranza di cogliere almeno un’eco di quell’immenso mormorio umano che sempre sale – sempre uguale e diverso – da ogni angolo di questo microcosmo animato da chiassose comitive turistiche in estate. E da profondi e malinconici silenzi autunnali e invernali, quando i venti del Nord ripuliscono il cielo dall’afa e dai clamori estivi e il lago riacquista allora il suo respiro di piccolo mare incastonato tra le montagne e la pianura padana.

Il prof. Pino Mongiello.

 

 

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