Al MuSa la mostra “COLORE. Tra vibrazioni e geometrie”

SALO' - Al MuSa è visitabile fino all'8 gennaio 2023 una nuova mostra con opere della Civica Raccolta del Disegno: «COLORE. Tra vibrazioni e geometrie», a cura di Anna Lisa Ghirardi.

«In continuità alla mostra “Nero. Dal segno alla forma”, si presenta una selezione di trenta opere – spiega la curatrice della Civica Raccolta del Disegno Anna Lisa Ghirardi – che pone attenzione alla ricerca cromatica. È una cernita effettuata all’interno della Collezione, che ad oggi vanta più di 850 carte, di un corpus di opere che potrebbe essere decisamente molto più ampio.

Un breve itinerario aniconico, ma cronologicamente esteso: abbraccia circa sessant’anni, conduce dalle tracce segniche e i reticoli di Piero Dorazio (1927-2005), che sin dal primo dopoguerra fu tra i protagonisti dell’astrattismo italiano, attraversando anche le relazioni di linee e colore del ben più giovane Paolo Iacchetti (1953), ad un linguaggio informale in cui la gestualità è manifestata dal segno-colore, come è ben evidente nell’opera di Gino Meloni (1905-1989), databile tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, ma anche nella carta, realizzata quasi trent’anni dopo, di Maria Morganti (1965); il percorso prosegue attraverso una dimensione immersiva ed emozionale del colore,  evidente in molteplici opere, e si conclude nella razionalità della geometrizzazione di forme cromaticamente campite.

 

In questo excursus è esplorata la dimensione materica, che pone al centro il colore, le sue variazioni e l’interazione con le forme, in un linguaggio che intende il manufatto e il processo operativo quale focus del fare artistico, come è evidente nella pittura analitica rappresentata dalle opere di Riccardo Guarneri (1933), Claudio Olivieri (1934-2019),  Claudio Verna (1937), Gottardo Ortelli (1938-2003),  ma anche nei più giovani eredi di tale corrente, come Gianni Pellegrini (1953), Sonia Costantini (1953), nonché Ruggero Cortese (1960), o nelle ricerche scientifiche di Jorrit Tornquist (1938), uno dei massimi esperti del colore attivi in Italia, che non elude nemmeno gli aspetti psicologici della percezione.

Lo studio del colore è studio della luce, tanto che l’indagine sui valori luminosistici è fil rouge della maggior parte delle opere esposte.

La luce crea vibrazioni, e tali movimenti percettivi possono essere intesi nella loro natura fisica, negli artisti analitici, ma anche in altri artisti, come è evidente nell’opera di Sergio Sermidi (1937-2011), altresì la luce può essere indagata nell’ambito di una dimensione immateriale, interiore e spirituale, basti pensare alla carta di Alessandra Angelini (1953). Luce e lirismo sono un binomio che sottostà ad un cospicuo gruppo di opere selezionate,  tra le quali quelle di Valentino Vago (1931-2018),  di Silvio Manzotti (1943-2017) e di Mariangela De Maria (1938).

Gino Meloni (1905-1989) – Senza titolo – s.d. – pastello su cartoncino.

 

A segno-colore-luce, si aggiunge l’elemento forma, come evidente in tutte le opere esposte sul lato sinistro della galleria, dal cerchio di Carlo Nangeroni (1922-2018), figura costante del suo lavoro, al  trapezio di Riccardo Pezzoli (1940), nonché agli elementi geometrici elementari dell’opera di Marco Casentini (1961), in una visione astratta ispirata alle geometrie e le cromie che percorrono il paesaggio e lo spazio urbano. Le opere di Giuliano Barbanti (1936) sono il risultato di una tensione dialettica tra elementi base del linguaggio pittorico: materia cromatica e forma, calibrati in armonie asimmetriche. Nella carta di Walter Fusi (1924-2013) le riflessioni geometriche si sovrappongono alla sua esperienza informale. L’elemento geometrico è presente inoltre nell’opera di Hugo Demarco (1932-1955), la quale ricerca si muove nell’ambito dell’Arte Programmata, egli infatti analizza la relazione tra colore-luce e la loro distribuzione, con il fine di ottenere effetti ottici cinetici.

Il colore puro, monocromo solo in apparenza, di Ignazio Gadaleta (1958) è invece radiante, ovvero emette energie che entrano in relazione con le emozioni del fruitore. Il colore è fondamento anche per Ennio Finzi (1931), il quale traspone nella pittura il principio del timbro, attinto al linguaggio del suono e della musica. Nell’opera di Edoardo Stramacchia (1949) l’esperienza strutturalista incontra il nuovo Pop: strisce di fumetti sono scomposte in immagini non più leggibili, sono reminiscenze di storie tramutate in forme e variazioni cromatiche.

La sezione del MuSa dedicata alla Civica Raccolta del Disegno.

 

A proposito di presenze e sparizioni, anche nell’opera di Renato Spagnoli (1928-2019), tra i fondatori nel 1963 del gruppo Atoma, cerchiamo tra le linee aguzze e la distribuzione dei colori ciò che resta della sua celebre lettera “A”, carattere presente in molteplici sue opere e fatto scultura in piazza Attias a Livorno. L’opera di Beppe Bonetti (1951) nasce invece nell’ambito della Metarazionalità, un orientamento da lui teorizzato nel 1982 come superamento sia dell’esperienza razionale/concreta- programmata, sia dell’esperienza informale/gestuale, non come negazione ma come fagocitazione del passato. I suoi segmenti appaiono come sgretolamento di una figura geometrica iniziale o come frammenti nello spazio che tendono ad una riorganizzazione, in una tensione opposta, metafora dell’esistenza stessa.

Nella scenografica galleria espositiva del MuSa ci si auspica che le opere presentate creino un dialogo con lo spettatore, inglobando anche le suggestioni paesaggistiche che il luogo offre, tra terra, acqua e cielo».

 

 

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