Il V Premio “Il Vittoriale” ad Arbasino

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GARDONE RIVIERA – «Arbasino riceve il premio non perché si è occupato di d’Annunzio, ma perché è Arbasino, e tutti gli dobbiamo gratitudine». Parola di Giordano Bruno Guerri.

Con queste parole il presidente della fondazione dannunziana ha motivato l’assegnazione del quinto premio «Il Vittoriale» (una miniatura autografa del cavallo blu di Mimmo Paladino) allo scrittore, saggista e giornalista Alberto Arbasino, che lunedì 2 giugno, nel corso di una scenografica cerimonia nei pressi del Laghetto delle Danze, è stato accolto nel Pantheon già frequentato da Ermanno Olmi, Paolo Conte, Umberto Veronesi e Giorgio Albertazzi, i precedenti assegnatari del riconoscimento.

«Questo premio mi fa un immenso piacere e mi riempie di orgoglio – ha commentato lo scrittore -, soprattutto perché mi viene assegnato dal Vittoriale. Decenni fa non so che impressione mi avrebbe fatto, ma oggi m’allieta e mi lusinga». Può sembrare una provocazione la decisione di assegnare una benemerenza culturale nel nome del Vate all’autore che dette, quasi mezzo secolo fa, una celebre ma scomoda definizione di d’Annunzio: «Cadavere in Cantina fra i più ingombranti di tutte le letterature, di tutti i paesi, vilipeso, conculcato, negletto…».

Parole che oggi assumono dunque un significato particolare sull’evoluzione del giudizio storico-letterario riguardante d’Annunzio, e sulla rivitalizzazione del Vittoriale, diventato uno dei musei più efficienti e innovativi d’Italia, come ha ricordato ieri Guerri presentando i dati sugli afflussi di visitatori e nuove opere d’arte donate al principato dannunziano. L’autore di «Fratelli d’Italia» e di «Un paese senza» è stato festeggiato proprio nell’imminenza dell’uscita di «Ritratti italiani», in pubblicazione da Adelphi. Interrogandolo anche sulla nuova opera, Guerri ha chiesto al “venerato Maestro” se considera ancora valida l’affermazione «Io sono l’Italia», detta da d’Annunzio-Arbasino in una «Intervista Impossibile» di alcuni anni fa. «Il mio libro in uscita – ha risposto l’autore – presenta più di 90 colloqui con personaggi che sono caratteri antropologici che fanno parte della natura italiana, che solo d’Annunzio, Puccini e Fellini hanno saputo raccontare». Oggi, insomma, continuiamo a fare i conti con la modernità e la contemporaneità di d’Annunzio.

La festa inscenata da Guerri nel parco dannunziano è stata anche l’occasione per presentare nuovi doni e nuove opere d’arte contemporanea che arricchiscono i percorsi di visita della cittadella monumentale gardonese: un’inedita quanto singolare opera di Alberto Burri, una potente scultura di Ettore Greco, un mirabile dipinto di Antonio Saiola e soprattutto una mostra e un allestimento straordinario di Italo Rota, accompagnato da un’innovazione tecnologica che consente al pubblico di ascoltare, tramite un cellulare e la tecnologia del QR Code, brani delle opere del Vate.

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