La Gelmini: sostegno al Garda patrimonio Unesco

LAGO DI GARDA – L’ex ministro Mariastella Gelmini ha scritto in un tweet : «Pieno sostegno all’iniziativa che vuole il Lago di Garda Patrimonio dell’Unesco. Il giusto riconoscimento per un ambiente sempre unico».

L’iniziativa di candidare il Garda come sito considerato patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco era stata lanciata un paio d’anni fa dal dorso bresciano del Corriere della Sera, che in questi giorni è tornato sull’argomento con un articolo a firma di Massimo Tedeschi intitolato ««Garda-Unesco, l’ora delle scelte», pubblicato sull’edizione del 16 marzo.

Ecco cosa scrive Tedeschi.

Lanciata avventurosamente da queste colonne il 21 luglio di due anni fa, l’idea di candidare il Garda a entrare nel patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco ha fatto alcuni insperati passi in avanti. Segno che l’idea aveva una sua forza, ed era tempo che qualcuno la proponesse. Il Comune di Desenzano, per primo, ha tenuto viva la proposta, coinvolgendo amministrazioni vicine e gruppi di cittadini sensibili sui temi ambientali. La Comunità del Garda ha costituito un vero e proprio comitato promotore. La Regione Lombardia dapprima (il 7 ottobre 2013) ha approvato una mozione consiliare che incoraggia questa candidatura, poi ha stabilito rapporti con Veneto e Trentino per dare corpo all’ambizioso progetto. La cui valenza, val la pena ripeterlo, sta già nella fase di studio e di dibattito, se servirà – come si spera – a prendere coscienza degli inestimabili valori ambientali, paesaggistici, storici e antropici che costituiscono l’ unicum gardesano, e ad accentuarne la salvaguardia, e a commisurarne la promozione. Siccome però in questo campo non vale la regola di De Coubertin («l’importante è partecipare») ma una candidatura va avanzata convintamente se si intende conquistarla, è tempo ormai di entrare negli aspetti operativi della proposta.

Oggi l’Italia è il Paese con il numero maggiore di siti nella World heritage list (50, contro i 47 della Cina, i 44 della Spagna, i 39 di Francia e Germania). Ci sono già quaranta siti italiani nella Tentative list nazionale che riunisce gli aspiranti (si va dalla città di Bergamo ai paesaggi lacustri del lago Maggiore, dai portici di Bologna alle colline del prosecco). C’è prima di tutto una concorrenza nazionale da vincere. Conviene insomma accelerare i tempi per entrare in questa lista, da cui di anno in anno vengono avanzate le candidature da presentare a livello internazionale. Per compiere questo decisivo passaggio va sciolto il problema della titolarità di chi fa la proposta (Regioni, Comunità o Comuni). Poi vanno approntati un dossier di presentazione e un piano di gestione, che sono la chiave di volta della candidatura. Giustamente molti hanno indicato le Dolomiti come modello cui ispirarsi. Le «montagne pallide» sono entrate nella World Heritage list nel 2009, e hanno una complessità non dissimile dal Garda. Contrariamente a quanto si è portati a immaginare, l’Unesco non ha riconosciuto una plaga vasta e indistinta, a cavallo fra 3 Regioni e 5 province, ma nove «isole» che costellano quest’area. Si va dalla Marmolada al Pelmo e Croda da Lago, dal Puez-Odle alle Dolomiti di Brenta.

Queste emergenze sono state riconosciute per il loro valore «universale ed eccezionale» facendo leva sulla straordinaria vicenda geologica che le ha generate: un grande arcipelago fossile, caratterizzato 238 milioni di anni fa da fenomeni di vulcanismo che hanno generato vere e proprie scogliere coralline, poi mineralizzate. Insomma, una pagina della storia della terra diventata paesaggio inimitabile. Per la candidatura del Garda si tratta di individuare una chiave di volta, un tema, un mood analogo. Accanto alle zone fortemente antropizzate, e vittima di una cementificazione selvaggia, sopravvivono infatti sul Garda isole territoriali forse non incontaminate, ma che descrivono un dialogo terra-acqua, un incontro paesi-lago che ha dello stupefacente.

E dunque, anziché immaginare un riconoscimento indistinto del Garda, converrà cominciare a riflettere su quanto ha il lago di «universale ed eccezionale» da offrire: la qualità delle sue acque (50 chilometri cubici che formano il 40 per cento delle scorte nazionali di acqua dolce), l’orogenesi che l’ha formato (con il dialogo paesaggistico fra monte Baldo, monte Spino e colline moreniche), l’apporto di corsi d’acqua brevi e turbinosi (dalla cascata del Varone alla valle di Toscolano), il dialogo acqua-roccia che si stabilisce a Campione, alla rocca di Manerba, all’isola del Garda e alla penisola di Sirmione, e ancora il rapporto fra specchio d’acqua e centri storici che si stabilisce a Riva e Malcesine, a Gargnano e Salò, a Sirmione e Punta San Vigilio. I prossimi mesi, mentre le istituzioni sono chiamate a fare la loro parte, cioè a unificare e accelerare l’iniziativa, potrebbero essere utilmente spesi per discutere e definire comunitariamente quanto di «universale ed eccezionale» ha il Garda da sottoporre all’Unesco. E da difendere fin da subito. Lo si può fare essendo sostenuti da una consapevole ambizione. Per candidarsi, un sito deve rispondere ad almeno uno dei dieci criteri (sei di tipo artistico, quattro di tipo naturale) fissati dall’Unesco. Il Garda potrebbe legittimamente rispecchiarsi in più d’uno di essi. Ma ce n’è uno che sembra fatto su misura per lui. È il settimo. Dice che un sito Unesco deve «rappresentare dei fenomeni naturali o atmosfere di una bellezza naturale e di una importanza estetica eccezionale»

 

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