Trama: Il professor Emad e sua moglie Rana sono costretti ad abbandonare d’urgenza il loro confortevole appartamento al centro di Teheran a causa di un cedimento strutturale del palazzo in cui è situato.
Grazie ad un amico che recita con loro a teatro in “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, trovano una sistemazione in un modesto alloggio precedentemente occupato da una donna di cui ignorano la professione.
Mentre è sola in casa Rana viene aggredita ma, nonostante la violenza subita, non vuole sporgere denuncia. Emad è deciso tuttavia rintracciare l’uomo che ha quasi ucciso sua moglie.
Critica: Tutto ha inizio e termina dalla casa, simbolo di protezione e stabilità che diviene luogo di violenza e precarietà: quella finta, perfetta, del teatro, accuratamente illuminata dalle luci di scena, ambientazione di “Morte di un commesso viaggiatore”, in cui si mescolano realtà e finzione; quella crepata, ferita, che la coppia formata da Emad e Rana è costretta a lasciare di fretta e che si trasformerà anch’essa, nella lunga sequenza finale che è un susseguirsi di colpi di scena, in una specie di set teatrale; ed infine l’appartamento impersonale, occupato dagli oggetti della misteriosa estranea che li ha preceduti e di cui bisogna disfarsi, in cui si consuma la violenza.
Una violenza che è mostrata solo nelle sue conseguenze: la traccia di sangue sulle scale, le ferite di Rana già medicate all’ospedale, e forse per questo ancor più sconvolgente e pervasiva.
Come già nei suoi film precedenti, in particolare in About Elly, Asghar Farhadi ci mostra dei giovani iraniani moderni, borghesi, alle prese con dilemmi morali che spostano continuamente il confine tra i personaggi “buoni” e “cattivi”, in cui la libertà dello stile di vita (lui è insegnante, entrambi recitano a teatro, non hanno ancora figli) è solo apparente e sottomessa ancora alla centralità dell’onore e della reputazione (ad esempio, una delle prime preoccupazioni di Rana dopo la violenza sarà sapere chi l’ha tirata fuori dal bagno), componendo molteplici riferimenti con la pièce di Arthur Miller.
Una storia costruita in un crescendo graduale e impercettibile che nel finale esplode in una serie di ribaltamenti di prospettiva, ponendo domande in cui non è possibile non sentirsi interpellati in prima persona perché le cose “impensabili” possono accadere anche a ciascuno di noi, e quando accadono nessuno può mai dirsi preparato o sapere come reagirà. Le reazioni di Emad e di Rana sono quelle di due persone normali nella cui vita tutto improvvisamente precipita. L’immotivato senso di colpa di lei, il desiderio di poter cambiare il passato o di voler tornare immediatamente alla normalità come se nulla fosse accaduto, il crollo psicologico che avviene, non a caso, sulla scena teatrale, luogo protetto in cui è possibile liberare le emozioni represse, tutto viene mostrato con straordinaria acutezza e profonda attenzione alla psicologia di ogni personaggio.
Perfetta l’intesa, affinata nella partecipazione a precedenti film dello stesso regista, tra i due protagonisti, Shahab Hosseini (vincitore come migliore attore a Cannes 2016) che ci regala un’interpretazione misurata e intensa dalle gestualità lievissime (l’imbarazzo che affiora appena quando viene scovato dalla vicina a pulire le scale dalle macchie di sangue) e Taraneh Alidoosti, capace di interpretare una vittima senza cadere mai nel patetico e mostrando tutta la gamma delle sue reazioni umane in modo assai realistico, un mix di dolcezza e forza che fa onore alle donne.
“Come fa un uomo a diventare una bestia?” chiede uno degli studenti al professor Emad.
Risposta: “Col tempo”. E un po’ di tempo servirebbe anche a Rana per superare il suo trauma ma Emad vorrebbe che tutto tornasse subito “come prima” anche se tutto è irrimediabilmente trasformato, dalla casa che non c’è più al loro rapporto messo in crisi da un’esperienza che alza un muro di incomunicabilità tra loro e a cui lui reagisce cercando una vendetta che non gli appartiene.
“Professore, ma questa storia è vera?” chiede ancora uno degli studenti riferendosi al racconto “Gav” (The Cow) di Gholām-Hossein Sā’edi appena letto in classe (e di cui più avanti i ragazzi vedranno la trasposizione cinematografica di Dariush Mehrju’i in una scena di omaggio all’arte cinematografica in cui si mescolano la proiezione, la fotografia e le ombre cinesi). La medesima domanda si potrebbe rivolgere ad Asghar Farhadi o si sarebbe potuta rivolgere ad Arthur Miller, e la risposta sarebbe stata la stessa: “Vera no, ma in certo senso sì. Le atmosfere e le tipologie dei personaggi e le reazioni sono vere, molto, molto vere…” perché il cinema e la letteratura compiono a volte, come in questo caso, il miracolo di far vivere realmente i personaggi e le storie arrivando ad interpellare la parte più profonda ed umana di ciascuno di noi.
(Camilla Lavazza)
IL CLIENTE
Titolo originale: Forushande (in persiano Il venditore)
Sceneggiatura e regia Asghar FARHADI
Personaggi ed interpreti
Emad Shahab HOSSEINI
Rana Taraneh ALIDOOSTI
Babak Babak KARIMI
Il cliente Farid SAJJADIHOSSEINI
Sanam Mina SADATI
Kati Maral BANI ADAM
Siavash Mehdi KOOSHKI
Ali Emad EMAMI
Esmat Shirin AGHAKASHI
Madjid Mojtaba PIRZADEH
Mojgan Sahra ASADOLLAHE
Signora Shahnazari Ehteram BOROUMAND
Sadra Sam VALIPOUR
Direttore della fotografia Hossein JAFARIAN
Montaggio Hayedeh SAFIYARI
1° assistente alla regia Kaveh SAJADI HOSSEINI
Suono Yadollah NAJAFI , Hossein BASHASH
Musica Sattar ORAKI
Capo operatore Peyman SHADMANFAR
Mix Mohammad Reza DELPAK
Scene Keyvan MOGHADAM
Make upMehrdad MIRKIANI
Costumi Sara SAMIEE
Segretaria di edizione Parisa GORGEN
Fotografo Habib MAJIDI
Direttore di produzione Hassan MOSTAFAVI
Produttori Alexandre MALLET-GUY, Asghar FARHADI
Durata 124 min
Premio Oscar 2017 Miglior film straniero
Cannes 2016: Miglior attore a Shahab Hosseini – Miglior sceneggiatura a Asghar Farhadi
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