Il Garda punta al turismo di lusso. È il giusto modello di sviluppo?

LAGO DI GARDA - Il lusso sta diventando il tratto distintivo del turismo gardesano, soprattutto sulla riviera bresciana, dove si progettano ville ed esclusivi resort a 5 stelle. E' la strada giusta? Le riflessioni di un lettore.

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera al direttore:

«In questi ultimi decenni il tasso di crescita della ricchezza prodotta ha favorito la minoranza più ricca in tutto il mondo. Le opportunità speculative, anche nel campo del turismo, sono orientate ad intercettare gli interessi di questi protagonisti del mercato. Le incursioni nel settore turistico da parte di rodate catene alberghiere e di potenti uomini di affari, talvolta con scarse competenze specifiche, mirano ad investire in località di alto pregio ambientale in tutta l’Italia.

Non potevano ovviamente ignorare il lago di Garda per posizionare i loro sfarzosi contenitori super esclusivi.

Cito, ad esempio, il «Park Resort Lake» di Salò (ne abbiamo scritto qui, ndr), un nuovo resort artificiale da 5 stelle con undici palazzine e 170 appartamenti, oppure un nuovo hotel a 5 stelle, con 140 suite per un totale di 71.425 mq2 a Formaga (Gargnano).

I piani «ideologici» di azione per fare approvare i progetti milionari rinnovano quelli dei lontani anni Settanta e Ottanta: politiche spacciate come terapie miracolose di «crescita e sviluppo» che oggi si alimentano di nuove parole magiche come «crescita turistica ed occupazionale».

Su quest’onda, diversi provetti commedianti della retorica presentano come opere destinate alla tutela
del paesaggio, dell’ambiente e della sostenibilità progetti che, in realtà, sono funzionali a sostenere la speculazione edilizia. Le caratteristiche ambientali di pregio dove verranno fabbricati gli sfarzosi alloggi di lusso soddisfano, infatti, strategie di inserimento nel mercato immobiliare qualora dovesse finire male la gestione alberghiera.

Ne beneficiano anche buona parte dei nostri amministratori, rimessi in gioco dai capitali privati e dall’orgoglio della promozione di investimenti «sul nostro suolo». Oggi, come ieri, i costi di queste speculazioni saranno purtroppo identici.

I bisogni dei residenti e la visione dell’interesse collettivo passeranno nuovamente in secondo piano per «servire» i potenti di turno. Si chiuderanno altresì gli occhi, come è sempre stato fatto, sulla tutela dei diritti dei dipendenti che opereranno in questi contenitori dorati.

Parte del paesaggio verrà cancellato e cementificato e si apriranno necessariamente i bilanci delle casse comunali per strutture e sovrastrutture al servizio dell’«affare». Si incrementerà il peggioramento della qualità della vita di chi abita sul territorio e, dunque, si vincolerà il futuro delle prossime generazioni. La creazione di questi ambienti artificiali conformi a obsolete forme di mercato turistico che «vendono» un ambiente e un paesaggio da ammirare dal relax delle spa, senza sporcarti le suole delle scarpe, sono sparsi in ogni angolo del pianeta e continuano a riprodursi stancamente in forme sempre uguali.

Producono gli stessi effetti mercantili dell’insediamento dei supermercati sull’economia locale. Sono strutturati per servirsi del territorio e lasciare ad esso il meno possibile in cambio. Le eventuali «briciole» si accompagnano solitamente all’inevitabile crescita dei costi di servizi e delle infrastrutture che vengono scaricati, nel medio e lungo termine, sui residenti.

È una formula ormai assodata e fedele al credo ideologico dei nostri sindaci e rappresentanti, «fedeli servitori» che, da un lato, apparecchiano il banchetto a cui partecipano affaristi, immobiliari, banche, e, dall’altro, fanno pagare il cibo ai cittadini. Nel fare ciò, distruggono il lavoro degli uomini che, nel passato, hanno saputo progettare, e non subire, il futuro: persone della nostra riviera che hanno disegnato il paesaggio gardesano, sono riusciti a conservare la natura, l’ambiente e le sue biodiversità, fattori non solo geografici ma ingredienti costitutivi delle nostre identità culturali.

La storia ci insegna che gli avidi tornaconti predatori vengono a galla quando manca una classe dirigente seria che sappia disegnare nuovi modelli di sviluppo in grado di tutelare l’ambiente, la vita dei residenti e delle loro attività.

Oggi il capitale privato vuol fare del Garda un bazar dove si concentrano gli affari, mentre il capitale pubblico viene sprecato in immorali e devastanti progetti, come i cento metri di ciclabile al costo di due milioni di euro (ne abbiamo scritto qui, ndr), presentati come forma di turismo sostenibile. Nel contempo è indifferente alla preservazione della biodiversità lacustre, e trovare quei pochi spiccioli per salvare, ad esempio, il carpione dall’estinzione.

Serve una nuova etica amministrativa che riprenda quei valori consacrati da generazioni a salvaguardia dell’armonia con l’ambiente e che non possiamo permetterci di dimenticare: quell’identità che è la radice del vivere in una comunità. Ribelliamoci!».

Fiorenzo Andreoli

 

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