Eccezionale scoperta a Lavagnone, una piroga e un giogo di 4mila anni fa

BASSO GARDA - Nuovi, eccezionali reperti preistorici emergono grazie agli scavi della Università Statale nel sito palafitticolo di Desenzano-Lonato: un giogo e una piroga scavata nel tronco di una grande quercia.

Un giogo e una piroga scavata nel tronco di una grande quercia, risalenti a circa 4.000 anni fa: sono questi gli ultimi reperti in legno rinvenuti nella campagna di scavo dell’Università degli Studi di Milano presso la palafitta preistorica di Lavagnone (Desenzano del Garda-Lonato, BS).

Il sito palafitticolo dell’età del Bronzo (2200-1200 a.C.), che dal 2011 è incluso nel patrimonio UNESCO (www.palafittes.org), non è nuovo alle grandi scoperte: famoso il ritrovamento degli anni ’70 di uno degli aratri più antichi al mondo, esposto presso il Museo Civico Archeologico “G. Rambotti” di Desenzano del Garda.

Il giogo e la piroga rinvenuti a Lavagnone.

 

I reperti dei recenti scavi dell’Università degli Studi di Milano sono, tuttavia, davvero eccezionali, come sottolinea Marta Rapi, docente di Preistoria e Protostoria presso il Dipartimento di Beni culturali e ambientali che dirige il progetto di ricerca con la partecipazione degli studenti del corso di laurea in Archeologia e della scuola di specializzazione in Beni archeologici: «Per quanto riguarda la piroga, sono stati trovati due segmenti di monossile; forse formavano lo stesso natante che è stato intenzionalmente tagliato a metà e deposto in verticale tra i pali di fondazione delle abitazioni palafitticole. All’interno di uno scafo abbiamo trovato un’altra sorpresa: un lungo bastone, l’ipotesi è che possa essere un remo. Il giogo invece era a poca distanza, deposto sul fondo dell’antico lago intero e mai utilizzato, forse un’offerta alle acque».

Per garantirne la conservazione, i reperti sono stati immersi in una vasca con acqua appositamente allestita a Milano presso il Laboratorio di restauro del legno bagnato della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Como, Lecco, Sondrio e Varese e a breve inizierà il restauro.

Si tratta di un lungo percorso: il primo passo è il consolidamento per impregnazione con una resina a base di glicole di polietilene (P.E.G.), che impiega molti mesi, poi l‘essiccazione e infine il restauro vero e proprio. Nel frattempo procede lo studio.

Mentre gli specialisti del Laboratorio di Dendrocronologia della Fondazione Museo Civico di Rovereto, partner di progetto, cercano di restituire una datazione assoluta dei reperti e di scoprire se le due monossili siano state ricavate dal tronco dello stesso albero, gli archeologi della Statale sono al lavoro per raccogliere dati sul loro utilizzo ed hanno già in programma una nuova campagna di scavi. “Bisogna scavare in ampiezza attorno al punto della scoperta – conclude Marta Rapi – e impegnarci in un’attenta analisi del contesto: le risposte che cerchiamo sono nella relazione tra i reperti e il contesto di rinvenimento”.

aratro desenzano
L’aratro preistorico conservato nel museo archeologico di Desenzano.

 

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