Per il diritto allo studio delle bambine

ARCO - Venerdì 19 ad Arco la proiezione del film di animazione «I racconti di Parvana» assieme al giornalista e scrittore afghano Alidad Shiri, che porterà la sua drammatica testimonianza di bambino profugo.

Per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il Comune di Arco propone, in collaborazione con l’associazione Noi Oratorio Arco e l’Istituto comprensivo, un progetto dedicato principalmente alle famiglie e ai ragazzi, ma adatto a tutti: la proiezione del film di animazione «I racconti di Parvana» assieme al giornalista e scrittore afghano Alidad Shiri, che porterà la sua drammatica testimonianza di bambino profugo.

La proiezione per il pubblico sarà all’auditorium dell’oratorio di Arco venerdì 19 novembre alle ore 20, seguita dal dibattito con Alidad Shiri. È richiesta la prenotazione sul sito www.oratorioarco.it/cinema. Per le scuole le proiezioni saranno la mattina e il pomeriggio dello stesso giorno, mentre l’incontro con Alidad Shiri avverrà nei giorni seguenti.

 

Il tema della violenza contro le donne è estremamente delicato e sensibile, specialmente con i più piccoli. Eppure ci sono forme di violenza che toccano i bambini e che sono terribili, anche se non lasciano segni sul corpo. La prima violenza che l’universo femminile subisce si ha già sulle bambine, quando il diritto allo studio viene loro negato, come accade in molti Paesi del mondo, in particolare in Afghanistan. La proiezione e l’incontro con Alidad Shiri vogliono portare a riflettere sulla gravità di questa limitazione: senza lo studio non c’è possibilità di lavoro, quindi di autonomia, indipendenza e neppure dignità. Già da bambina, il destino della donna in questi Paesi viene segnato.

Il film di animazione «I racconti di Parvana», di Nora Twomey (Canada, Irlanda e Lussemburgo, 2017, durata di 93 minunti), è tratto dal libro «Sotto il burqa» di Deborah Ellis. È la storia di Parvana, una bambina che voleva salvare suo padre. Nel regno oscuro dei fondamentalisti islamici afghani, lei taglia i suoi lunghi capelli e indossa gli abiti da ragazzo per passare inosservata, mantenere la sua famiglia e ritrovare suo padre, imprigionato dai talebani perché insegnava a sua figlia a leggere e a scrivere. Il coraggio di questa piccola undicenne tiene testa all’oscurantismo talebano col potere delle storie antiche, insensibili agli assalti del tempo presente.

Alidad Shiri, rifugiato afghano ora residente a Bolzano, è testimone di una realtà ferocemente chiusa e nei confronti delle donne, delle minoranze etniche (lui è di etnia minoritaria hazara, discriminata in Afghanistan per motivi religiosi e razziali) e della diversità in genere. Alidad Shiri sarà a disponibile a rispondere alle domande dirette dei bambini.

Alidad Shiri.

La conferenza stampa dell’iniziativa si è tenuta nella tarda mattina di lunedì 15 novembre a Palazzo dei Panni, presenti per l’amministrazione comunale l’assessore alla cultura Guido Trebo, il consigliere comunale con delega a inclusione, diritti civili, laicità e pace Tommaso Ulivieri e la responsabile dell’Ufficio cultura Giancarla Tognoni; per l’Istituto comprensivo la dirigente Claudia Terranova; e per Noi Oratorio Arco il parroco don Francesco Scarin, Alice Mappei (responsabile dell’auditorium) e Margherita Gasperotti.

Hanno detto:

Guido Trebo

È un progetto molto particolare che si mette sul binario del 25 novembre e della Giornata contro la violenza sulle donne. Le forme di violenza sono tante, c’è quella fisica che sfocia purtroppo nei troppi, drammatici casi di cronaca, ma ci sono anche forme di violenza striscianti, dalla battuta sessista al body shaming. E c’è la negazione del diritto allo studio, non in Italia ma in molti luoghi del mondo, tra cui l’Afghanistan. Questa iniziativa, quindi, ci consente di contestualizzare la Giornata contro la violenza sulla donna rispetto a quanto è accaduto e sta accadendo in Afghanistan, cosa che facciamo assieme all’Istituto comprensivo e all’associazione Noi Oratorio Arco. Utilizzeremo come materiale didattico un film, a cui seguirà l’incontro con Alidad Shiri, che parlerà della condizione della donna afghana, con particolare riferimento al diritto allo studio.

Giancarla Tognoni

L’amministrazione comunale collabora con l’oratorio per la Giornata della Memoria da tanti anni, abbiamo scelto assieme il linguaggio del cinema per presentare approfondimenti e spunti di riflessione. In questo caso, proponiamo un’esperienza vera e un film bellissimo messi assieme. Il film parla della prima fase dei talebani al potere, ma è purtroppo tornato all’attualità con gli eventi degli ultimi mesi. Il titolo originale è The Breadwinner, cioè il capofamiglia, a sottolineare che in Afghanistan non può essere una donna. L’eccezionale testimonianza che proponiamo è quella di un profugo, Alidad Shiri, che da bambino, a 10 anni, vede uccidere la sua famiglia e fugge in Pakistan da uno zio, e poi ancora, da solo, bambino, finché viene ritrovato in una piazzola dell’A22 in Alto Adige, a 15 anni, ignaro di dove si trovi. Entra nella rete di protezione della Provincia autonoma di Bolzano e a 29 anni, nel maggio scorso, si laurea in filosofia a Trento con una tesi sull’Afghanistan. Un percorso di successo e una voce che può spiegare dal vivo cosa è davvero successo con la prima affermazione dei talebani, e cosa sta succedendo ora. Privare una donna del diritto allo studio è la prima violenza, che la priva della possibilità dell’autonomia e sostanzialmente equivale al divieto di farsi una vita. Quello allo studio è un diritto che non può essere tolto a nessuno. Quelo che ci attendiamo è che le bambine e i bambini delle nostre scuole capiscano il valore dei diritti di cui loro godono, tra cui quello allo studio.

Alice Mappei

Voglio ringraziare l’amministrazione, che ci consente di parlare di violenza sulle donne in modi diversi e non solo il 25 novembre. Siamo anche molto contenti perché finalmente abbiamo potuto riaprire il cinema, lo scorso weekend c’è stata la prima proiezione dopo un anno e mezzo dalla chiusura per l’emergenza sanitaria.

Claudia Terranova

In questa fase, a scuola lavoriamo in presenza ma con una serie di modalità prudenziali, rimane la necessità che bambini e ragazzi rimangano in gruppi fissi e separati, per questo le proiezioni saranno in classe. Per quanto riguarda i temi di attualità, la nostra scelta è di parlarne ancora in età tenera, in cui magari avremmo una riserva, ma poi le informazioni vengono veicolate dai social in modo incontrollato, con le conseguenze che immaginiamo. Quindi, la scelta è di portare gli alunni ad affrontare le questioni, così che lo possano fare con la mediazione degli insegnanti e, in questo caso, con la presenza di un testimone che ha vissuto le vicende di cronaca di cui tanto abbiamo letto e visto in tv. Riflettere con gli alunni sul diritto allo studio negato speriamo faccia comprendere che in Italia invece questo diritto c’è, è enormemente importante e dobbiamo farne tesoro. È un diritto centrale nell’ambito della vita delle persone e va onorato.

Don Francesco Scarin

Queste sinergie dicono che ci si crede, ci si sente collegati, allo scopo di portare a bambini e ragazzi e con loro a tutta cittadinanza un messaggio forte. L’attenzione al tema della violenza sulle donne è legata a un giorno ma dovrebbe essere 365 giorni all’anno. Si tratta di valori che vanno difesi sempre, mai giustificare alcuna forma di violenza, le discriminazioni. Questa nostra proposta è una forma di denuncia che vuole portare alla riflessione e alla maturazione.

Tommaso Ulivieri

Questo progetto va a toccare la radice del tema di cui parliamo e si aggiunge alla progettata marcia del 25 novembre, un momento istituzionale e simbolico, una camminata che coinvolgerà istituzioni, associazione e cittadini. Per la prima volta tutti i Comuni dell’Alto Garda e Ledro saranno uniti su questo tema. Inoltre, ricordo l’iniziativa della coperta di lana rossa realizzata con quadrati venti per venti, rilanciata in questi giorni dalla stampa, che vorremmo estendere alle scuole. In questo caso, l’arte dell’animazione permette di veicolare un messaggio forte e di stimolare una riflessione su un tema che nel mondo rimane drammatico. Il progetto complessivo l’abbiamo chiamato “Uomini che amano le donne”, per coinvolgere gli uomini in un problema che è sociale.

 

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