Montagna luna park? Non è colpa delle vie ferrate

TRENTINO - Lettera a Gardapost di Luca Pelizzari, già presidente del Cai di Salò, dopo la decisione della Società Alpinisti Tridentini di non realizzare nuove ferrate: «E' ipocrita e fuorviante accusare le vie ferrate di snaturare lo spirito alpinistico».

«Ho appena terminato di leggere su Gardapost l’articolo dal titolo:”Trentino, la SAT: basta vie ferrate” (lo puoi leggere qui).

Riporto testualmente alcuni passaggi che meritano una risposta. “SAT (Società Alpinisti Tridentini) con CAI Alto Adige e AVS (Alpenverein Sudtirol) ha deciso di non adoperarsi per progetti che riguardino nuove vie attrezzate poiché queste favoriscono antropizzazione in quota ed una frequentazione superficiale della montagna”.

E’ incredibile come trentini ed i sudtirolesi riescano a camuffare i disastri che hanno fatto sulle più belle montagne del mondo con annunci pseudoecologisti e velleitari.

Dire basta alle vie ferrate perché portano gente in quota e spingono gli escursionisti ad un approccio superficiale con la montagna mi sembra un principio che stride enormemente con ciò che è accaduto nei territori di queste associazioni.

Hanno trasformato tutte le più belle cime delle dolomiti in immondi luna park raggiungibili in funivia tutto l’anno da qualsiasi sprovveduto che visiti un sito internet.

Pinzolo, Campiglio, Bondone, Paganella, Cermis, Lagorai, Rosengarten e poi la Val Gardena, il Sella, Val Senales, Plan de Corones, Plose,Speikboden, per citare alcune tra le montagne più belle divenute villaggi vacanze in quota, enormi Gardaland tra pascoli e pinete.

Il tutto – continua la lettera di Pelizzari – per il modico prezzo di un biglietto andata e ritorno che garantisce polenta e capriolo, giochi per bambini, comodi percorsi e incantevoli visioni sulle pareti dolomitiche.

Quando l’andare in montagna era sudore e fatica, superare il dislivello che una funivia compie in 10 minuti richiedeva ore di cammino e ti ripagava con l’immensa soddisfazione di aver raggiunto una cima poco frequentata.

Ora abbiamo processioni multicolori in scarpe da ginnastica che salgono al Piz Boè, signore romane con abiti civettuoli che si fanno selfie sulle ultime macchie di neve sul Sella.

Bande di fidanzatini, e giovani mamme con neonati nel marsupio che percorrono spettegolando i comodi sentieri sotto le Torri del Vaiolet, luoghi sacri dell’alpinismo.

Il colpo di grazia l’ha poi dato la fine della pandemia, trasferendo in massa gli assidui frequentatori dei centri commerciali sui percorsi di media montagna, poiché ritenuti a meno rischio Covid.

 

E’ ridicolo, ipocrita e fuorviante accusare le vie ferrate di snaturare lo spirito alpinistico.

Per affrontare una via ferrata un minimo di preparazione e di attrezzatura sono necessarie, e già questo dirada la massa di frequentatori.

Cosa facevano SAT e Alpenverein quando le funivie si moltiplicavano come giochi del meccano, le piste da sci lasciavano lunghe ferite nelle pinete ed i parcheggi cancellavano i pascoli? Nulla perché tutto ciò fa bene a quell’economia massificata che ora temono.

Il tema è che abbiamo superato il punto di non ritorno e non è prendendosela con un cavo metallico fissato nella roccia che rimedieremo ai danni fatti.

Finché sarà la logica del profitto a guidarci, la montagna sarà una merce da vendere e da comprare alla pari di un qualsiasi prodotto del supermercato.

Ed allora, cari amici trentini e tirolesi, se volete davvero fare del bene alla montagna aggiustate il tiro e cominciate a prendere in considerazione iniziative più incisive rispetto a quelle enunciate.

Luca Pelizzari – ex Presidente CAI Salò

 

 

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