Risotto con la tinca

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Piatto semplice e delizioso, la cui paternità è contesa tra bresciani e veronesi, il risotto con la Tinca è un classico della cucina lacustre. È la testimonianza di una cultura gastronomica popolare capace di utilizzare al meglio tutte le risorse disponibili, persino un pesce che, vivendo nelle acque melmose dei fondali, presenta spesso carni dal fastidioso sapore di fango. Una caratteristica che ha impedito a questo prodotto del lago di entrare a pieno titolo nella gastronomia più raffinata, ma non in quella, schietta e saporita, della tradizione popolare. Comunque, per evitare questo inconveniente, le massaie acquistavano il pesce ancora vivo, per lasciarlo due o tre giorni in acqua pulita. Se non c’è tempo per questa pratica (peraltro l’unica efficace), la tradizione suggerisce di far ingoiare al pesce vivo qualche cucchiaiata di aceto. Per queste ragioni, pur se la ricetta del risotto alla tinca è piuttosto semplice, conviene gustarla al ristorante, dove il pesce è trattato da mani esperte. In ogni caso il riso, tostato nel burro e bagnato col vino, viene fatto cuocere con un fumetto ricavato bollendo, assieme alle verdure, le lische e le teste del pesce. In un’altra padella si scottano rapidamente nell’olio i filetti di tinca. Quando i filetti sono cotti, si uniscono al riso, che si fa mantecare con olio, prezzemolo tritato e pomodoro a cubetti. È un piatto unico gustoso e nutriente, che si accompagna piacevolmente ai vini bianchi del basso lago, come il Lugana, dal colore paglierino e dall’inconfondibile gusto secco, asciutto e vivace.

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