L’automobile è femmina

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BRESCIA -Ecco la prima iniziativa dell’associazione GardaMusei. Inaugura il 12 maggio al Museo Mille Miglia di Brescia la mostra sulla passione automobilistica di d’Annunzio.

Tra le tante passioni che infiammarono il Poeta poco conosciuta è quella che riguarda il rapporto di Gabriele d’Annunzio e le automobili. Il 12 maggio il Museo Mille Miglia di Brescia inaugura la mostra “L’automobile è femmina”: curata dal Presidente del Vittoriale degli Italiani Giordano Bruno Guerri e dedicata alla passione automobilistica del Vate, resterà aperta fino al 31 agosto.

Per l’occasione saranno esposti al pubblico una serie di cimeli, tutti provenienti dal Vittoriale: oggetti personali del Poeta come soprabiti e cappelli, foulard, occhiali e coppe, ma soprattutto due automobili appartenenti al parco macchine di d’Annunzio. Lasceranno il Vittoriale per la speciale esposizione la gloriosa Fiat T4 con la quale il Vate entrò trionfalmente a Fiume il 12 settembre del 1919 alla testa di un drappello di legionari e la velocissima Isotta Fraschini, arrivata a Gardone l’11 settembre del 1936, di colore rosso-blu, 8 cilindri cabriolet, capace di raggiungere l’allora impensabile velocità di 150 km/h.

La mostra sarà accompagnata da una serie di immagini d’epoca che ritraggono il Vate accanto alle sue automobili e verrà completata da alcune lettere che raccolgono, tra le altre, la corrispondenza tra il Poeta e il pilota Tazio Nuvolari che negli anni Trenta si impose, alla guida della sua Alfa Romeo, come principale concorrente nelle corse delle automobili tedesche. I due si incontrarono al Vittoriale il 28 aprile del 1932 e in quell’occasione il pilota ricevette da d’Annunzio un piccolo portafortuna, la nota tartaruga d’oro con l’incisione benaugurante: “all’uomo più veloce l’animale più lento”. Nella mostra spicca anche la lettera al senatore Agnelli con la quale il Poeta decise il genere del mezzo di trasporto destinato a cambiare la storia dell’umanità: ”L’automobile è femmina”.

Questa mostra è il primo importante traguardo di GardaMusei, associazione di cui il Vittoriale (capofila) e il Museo Mille Miglia fanno parte; ideata per fare rete, a favore del Garda, della cultura e delle singole realtà che rappresentano questo territorio. Come il MU.SA., il Museo di Salò, sempre parte di questa associazione e di imminente apertura.

“Questa incantevole mostra, in un luogo fascinoso come il Museo Mille Miglia, è il primo risultato dell’Associazione GardaMusei, che mira a diventare uno strumento di bellezza e di ricchezza per tutta l’area del Garda. E credo che, proprio durante l’inaugurazione, ne potremo rivelare altre applicazioni concrete”:
così Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli Italiani.

Il Presidente dell’ Ass.ne Museo Mille Miglia Vittorio Palazzani, commenta: “L’Associazione GardaMusei corona un paziente lavoro di preparazione e vuole essere l’inizio di una collaborazione permanente. Il link tra il Museo Mille Miglia e il Vittoriale è immediato, lo definirei un legame ‘naturale’. Proprio per questo questa mostra mette in evidenza come grandi personaggi e grandi eventi si intrecciano nella Storia. La mostra ‘L’automobile è femmina’ permetterà al visitatore di compiere un vero e completo viaggio nella storia dell’automobile, partendo dal nome stesso e arrivando ai bolidi su quattro ruote che hanno contribuito a fare della ‘Corsa più bella del mondo’ il mito mondiale che è oggi”.

Informazioni:
Il Museo Mille Miglia è aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 18:00
www.museomillemiglia.it
www.vittoriale.it

 

Il sesso dell’auto

 

Vi siete ma chiesti perché la parola automobile è femminile e non maschile, tanto più in una lingua così maschilista come quella italiana?

La questione, tutto sommato piuttosto futile, afflisse i linguisti francesi e italiani sul finire dell’Ottocento, che si arrovellarono sul dilemma: la parola “automobile” è da considerarsi di genere maschile o femminile?

I francesi finirono con il considerarla femminile, accostando la parola “automobile” alla parola “voiture”, che è appunto femminile.

In Italia, invece, da principio l’automobile fu considerata maschile.

Nella prima edizione (1905) del «Dizionario moderno» di Alfredo Panzini, si legge: «Automobile. In origine aggettivo poi sostantivo per indicare quella vettura da diporto, spavento dei viandanti, elegante, signorile, docile e rapidissima, in gran voga in Francia e dovunque, la quale si muove da sé con meccanismi ingegnosi e diversi, ma che però attendono ancora il loro perfezionamento. Di quale genere è il sostantivo “automobile”? Se ne è disputato in Francia e quindi anche in Italia. Il genere maschile tende a prevalere».

Quattro anni dopo, nel Primo Manifesto del Futurismo (1909) pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti ad esaltazione del dinamismo della vita moderna, si leggeva: «Un automobile (“un” senza apostrofo, quindi maschile, ndr) da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’ alito eplosivo… Un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello (bello, non bella, ndr) della Vittoria di Samotracia».

In Italia, fu Gabriele d’Annunzio a decretarne in via definitiva la femminilità. E lo fece in una lettera di risposta al senatore Giovanni Agnelli, il nonno dell’«avvocato», che gli aveva posto l’annosa questione.

«Mio caro Senatore – scriveva il poeta nella lettera, ringraziando per il dono di una Fiat 509 – in questo momento ritorno dal campo di Desenzano con la sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità di una seduttrice; ha inoltre una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne, ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza…».

Dunque, l’automobile è femminile e lo è soprattutto in virtù del rapporto tra la donna e l’auto che risale ai primi anni del secolo scorso e che iniziò con l’utilizzo della figura femminile nel messaggio pubblicitario. La donna non solo veicolava la modernità del prodotto (l’emancipazione femminile era una delle battaglie degli avanguardisti del nuovo secolo), ma voleva anche trasmettere un messaggio di tranquillità, “svuotando” l’auto dal concetto di pericolosità in essa insito.

Per d’Annunzio il rombo del motore era musica. Il poeta, cantore della rapidità e dell’ardimento dell’oltre e più oltre, fu tra i primi a credere al futuro dell’auto e ne subì il fascino assistendo, nel 1907, al Circuito della Coppa Florio a Brescia.

Fin dal 1908 d’Annunzio, che da anni risiede nella sfarzosa Villa della Cappocina sui colli toscani di Settigliano, possiede una Florentia 35 HP che raggiunge i 70 km orari. Erano gli anni eroici dell’automobilismo. Il grande entusiasmo per il nuovo «balocco» della modernità portava a superare il disagio dei frequenti guasti agli incerti congegni meccanici.

Nel romanzo «Forse che si forse che no» il motore divenne il «cuore di metallo» dal «tono potente e costante», al quale prestare «l’orecchio attentissimo alla sestupla consonanza». Un cuore di metallo che va musicalmente accordato per udire «il lavoro dei cilindri ridivenuto unisono, il palpito energico ed esatto».

D’Annunzio, oltre a sancire il genere femminile dell’automobile, è protagonista di un altro curioso fatto riguardante la storia delle quattro ruote. Si tratta dello storico incontro con il pilota Tazio Nuvolari, avvenuto nel 1932 al Vittoriale degli Italiani, a Gardone Riviera.

Fu il poeta, sempre alla ricerca di nuove sensazioni, ad esprimere il desiderio di incontrare l’asso del volante e di poter disporre di un’Alfa Romeo al Vittoriale. Il «mantovano volante», accomunato al Vate dall’amore per la velocità, giunse a Gardone il 28 aprile del ’32 sulla nuovissima Alfa berlina 6C 1750. Al momento del commiato, d’Annunzio volle fare dono al pilota di una piccola tartaruga d’oro con la dedica: «All’uomo più veloce del mondo, l’animale più lento». In seguito Tazio Nuvolari elesse a proprio simbolo la tartaruga: la portò ricamata sulle sue maglie da corsa, rigorosamente di colore giallo, la impresse sulle lettere intestate e la fece dipingere sulla fusoliera del suo aereo privato.

Anche in quell’occasione d’Annunzio seppe dare alla sua azione un potere perpetuo di simbolo.

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