La Regia Guardia di Finanza sul fronte dell’Alto Garda

ARCO – Domenica 12 ad Arco presentazione del libro “La grande guerra nell’Alto Garda. Diario storico militare III Battaglio della Regia Guardia di Finanza. 8° e 9° Compagnia autonoma”.

Appuntamento  alle 16 nel casinò municipale di Arco, nell’ambito della rassegna dell’editoria “Pagine del Garda” (qui il programma completo della rassegna) per la presentazione del libro «La Regia Guardia di Finanza sul fronte dell’Alto Garda» (Asar e Il Sommolago, 2017), a cura di Domenico Fava, Mauro Grazioli, Antonio Foglio, Gianfranco Ligasacchi.

Riportiamo, di seguito, la presentazione a cura del Magg. Gerardo Severino, Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza.

«Molto spesso, il “colpo d’occhio” che può fornire la copertina di un libro può rappresentare esso stesso quel valore aggiunto che ogni lettore – in questo caso auspico siano tanti – può cogliere, nella speranza di aver speso bene i propri quattrini. Quanto ho appena asserito può apparire come un’eresia, soprattutto se riferita ad un libro di storia militare, categoria alla quale appartiene questa pregevole pubblicazione che ho il graditissimo piacere di presentare.

In verità, almeno in questo caso, la stupenda fotografia che gli autori del testo hanno voluto scegliere per la copertina è essa stessa, in linea generale, un “pezzo di storia” della “Grande Guerra”, volendola analizzare anche da un punto di vista uniformologico, mentre, nello specifico, essa ha immortalato alcuni fra i più gloriosi caduti che la Regia Guardia di Finanza offrì alla Patria nel corso della Prima Guerra Mondiale. Mi riferisco, in particolare, a figure leggendarie – almeno per la storia delle Fiamme Gialle – quali i Tenenti Francesco Arcioni e Alfonso Lo Sasso, il primo decorato con Medaglia d’argento, il secondo con Medaglia di bronzo al Valor Militare, uomini valorosissimi che combatterono in Val di Ledro, nei ranghi dell’indomito III Battaglione mobilitato della Regia Guardia di Finanza.

Per gli storici militari, naturalmente mi riferisco solo a quelli di un certo livello e non ai “prezzolati giornalisti” che si occupano anche di storia militare – purtroppo sempre più numerosi nel nostro Paese – non è una novità il ricordo o la narrazione del ruolo che anche la Guardia di Finanza ebbe nel corso della guerra 1915-1918. Oltre all’editoria specializzata, generalmente di produzione interna al Corpo stesso (mi riferisco ai memorabili testi del Generale Sante Laria e del Colonnello Domenico Olivo), varie sono state, nel tempo, le pubblicazioni che hanno trattato l’argomento, sebbene con minore approfondimento rispetto ai libri prodotti dalla stessa Guardia di Finanza.

Come è facile intuire, un buon libro di storia militare deve necessariamente basarsi sulle fonti d’archivio, soprattutto se si vuole raccontare uno o più fatti storici con dovizia di particolari, con ricostruzioni fedeli alla realtà d’allora, con dati e statistiche ufficiali, ricostruendo insomma quelle verità storiche che non sempre la cosiddetta “memorialistica” ha saputo sapientemente riportare. Ed è proprio questo l’incredibile lavoro che gli amici Domenico Fava, Mauro Grazioli, Antonio Foglio e Gianfranco Ligasacchi hanno compiuto, sacrificando il proprio tempo libero, ma soprattutto facendo visita al Museo Storico che ho l’onore di dirigere, e non certo per visitarlo solamente. Presso il Museo è, infatti, custodito tutto il carteggio che riguarda la partecipazione della Guardia di Finanza alla “Grande Guerra”, carteggio di inestimabile valore storico, spesso utilizzato dagli storici militari di professione, ma anche da tanti giovani studenti o semplici appassionati, i quali decidono di cimentarsi con la storia militare del nostro Paese.

Debbo, quindi, rivolgere un doveroso e sentito ringraziamento agli autori per aver scelto l’argomento, vale a dire quello di tracciare – peraltro in maniera così analitica e rispettosa delle verità storiche – le vicende che videro protagoniste centinaia e centinaia di Fiamme Gialle in Val di Ledro, ma soprattutto di averlo fatto utilizzando al pieno gli elementi contenuti nei preziosi documenti che loro stessi hanno consultato nel citato archivio storico. Anche per tale ragione, credo che il libro che vi accingete a leggere, miei cari lettori, possa emergere nell’ambito delle centinaia di pubblicazioni “sfornate” in occasione del centenario della Prima Guerra, avendo così il diritto di essere considerato fra i più importanti contributi editoriali finalizzati ad una maggiore e migliore conoscenza di ciò che è stata la quarta Guerra per l’Indipendenza italiana.

La storia d’Italia è come un antichissimo mosaico che abili archeologi scoprono giorno per giorno, liberando dal terriccio i piccoli tasselli che lo compongono. Ebbene, il parallelo può essere esteso anche alla storia della Prima Guerra Mondiale: un conflitto che vide combattere intere generazioni di italiani, per lo più soldati del Regio Esercito, che certamente fu la Forza Armata che più di altre dovette sostenere lo sforzo organico nei quattro lunghi anni di lotta. Qualche piccolo tassello – senza il quale, aggiungo, il mosaico sarebbe incompleto – appartiene anche alla Regia Guardia di Finanza e allo stesso III Battaglione, ovvero alle gloriose 8a e 9a Compagnie autonome delle quali si tratta nel presente libro.

La conoscenza di quanto questi reparti fecero in Val di Ledro rappresenta, quindi, quel valore aggiunto che fa delle pagine che seguono un’ottima pubblicazione. In essa si ricordano sia i fatti militari così come si svolsero effettivamente, ma soprattutto si ricordano gli uomini: dagli ufficiali che si alternarono alla guida del battaglione e delle varie compagnie ai singoli gregari, i più umili Finanzieri che con il loro contributo di sangue fecero grande l’Italia. Anche per tale ragione sono grato agli autori, i quali, nell’impreziosire la parte finale del libro, hanno voluto ricordare tutti, veramente tutti i protagonisti di quelle epiche, valorose ma soprattutto sanguinose giornate nelle quali italiani in Fiamme Gialle provenienti dagli angoli più sperduti del Paese “pugnarono” contro il nemico per il solo bene della Patria, la stessa della quale erano stati ed erano in quel momento strenui difensori dei “Sacri Confini”».

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