Vaia, un anno dopo: a Riva il Comune ha sostenuto spese per 100mila euro

RIVA DEL GARDA - È Trascorso un anno da Vaia, la terribile tempesta che alla fine di ottobre dell’anno scorso causò nel nord-est lo sradicamento di milioni di alberi, e che anche nell’Alto Garda trentino provocò danni ingenti. Qui un ricordo di quei giorni, ora che a Riva del Garda la situazione è del tutto sanata.

Come si ricorderà, a partire dal 27 ottobre 2018 un evento meteorologico eccezionale, caratterizzato da precipitazioni particolarmente intense e persistenti e da venti di forte intensità sia in alta sia a bassa quota, interessò l’intero territorio provinciale. Il giorno successivo il Dipartimento di protezione civile emise l’avviso di allerta elevata.

Nel corso del 29 ottobre, un lunedì, il vento sferzò Riva del Garda con raffiche di tale intensità da provocare danni rilevanti al patrimonio arboreo, alla rete di distribuzione elettrica, a pertinenze esterne degli edifici e ad arredi vari di parchi e giardini. L’eccezionale concentrazione delle precipitazioni, inoltre, causò la piena del Sarca, che nella notte fra il 29 e 30 ottobre scaricò nel Garda una considerevole quantità di legname e relitti, anche di grosse dimensioni.

Per fronteggiare la piena dell’Adige, inoltre, fu aperta la galleria scolmatrice Adige-Garda, come non avveniva da anni, che riversò acqua nel lago per oltre 12 ore. L’intensità del vento (proveniente da sud) fece poi rientrare dal largo una cospicua parte del materiale legnoso, che andò a depositarsi sulla spiaggia e nei laghetti sul lungolago, da porto San Nicolò al porto di piazza Catena.

Ottobre 2018: l’acqua dell’Adige si riversa nel Garda allo sbocco dello scolmatore Mori-Torbole.

 

Dal sopralluogo effettuato dall’Unità operativa manutenzioni, servizi e qualità urbana emerse un bilancio pesante: un centinaio le piante d’alto fusto (soprattutto cipressi, pini marittimi e pioppi) abbattuti e una cinquantina quelle dalla stabilità gravemente compromessa (per le quali, prima dell’abbattimento, si è richiesta una perizia alla Fondazione Mach); circa 250 metri cubi di materiale legnoso riversato sulle spiagge e sulle scogliere del lungolago; oltre a questo, danni alla linea elettrica di alimentazione della rete e a quella del parco Miralago, e un alto numero di recinzioni, panchine e delimitazioni danneggiati dal crollo delle piante. Sembra che la forza del vento si sia abbattuta inizialmente su via Cis e via Monte Oro, dividendosi poi in due parti: una in direzione nord est, compresso forse dalle pareti della Rocchetta, verso il cimitero vecchio e rione Degasperi, e un’altra in direzione est verso Torbole, di maggiore potenza e che causato maggiori danni sulla vegetazione.

Il gran numero di piante sradicate è probabilmente dovuto a una serie di fattori che si sono verificati in successione, dovuti alle particolari condizioni climatiche e pedologiche. La pioggia, caduta abbondante (oltre 100 millimetri a metro quadrato), nei giorni precedenti, dopo un lungo periodo di assenza di precipitazioni, ha reso il terreno morbido e con poca capacità di ancoraggio degli apparati radicali; la temperatura elevata per il periodo autunnale ha mantenuto efficiente l’attività vegetativa delle piante sempreverdi, in particolare i cipressi, che hanno un meccanismo fotosintetico indipendente dal fotoperiodismo. Ciò ha determinato, in questo tipo di piante (cipressi, cedri e pini), tessuti ricchi di linfa, visto che si trovavano in piena attività vegetativa, e con fronde e chiome rese molto pesanti. Le quali erano inoltre intrise di acqua, dato che in concomitanza del forte vento pioveva (e una pianta trattiene nella propria chioma una grande quantità di acqua). Queste condizioni sommate alla velocità del vento, che nel corso della tempesta ha cambiato più volte direzione e ha formato dei vortici, per le piante sono stati fatali. Cadute le prime, le altre non hanno più avuto alcuna protezione e si sono addossate le une sulle altre.

 

Il primo intervento fu dei vigili del fuoco, chiamati a ripristinare le vie di comunicazioni, tutte interrotte (le due Gardesane, la Statale 240 fino a Loppio e la 45 Bis verso Trento), riuscendo a far uscire l’Alto Garda dall’isolamento dopo circa 12 ore.

Sempre i vigili del fuoco si occuparono della rimozione delle piante pericolose, abbattendo quelle che si trovavano lungo strade, giardini pubblici e in altri luoghi frequentati, mettendoli in sicurezza e accatastando a lato la vegetazione risultante.

La mattina successiva alla tempesta, gli addetti alla manutenzione del verde e altro personale del cantiere comunale sono intervenuti a rimuovere le piante all’interno delle scuole, in giardini pubblici e lungo le strade per eliminare le piante ancora in piedi ma danneggiate al punto da ritenere compromessa la loro stabilità, e per tagliare rami rotti ancora presenti sulle piante.

La zona che presentava la situazione peggiore era la fascia a ridosso del lago tra i giardini di Punta Lido e la spiaggia Sabbioni, dove si è deciso di far intervenire una ditta specializzata in lavori forestali dotata di specifiche attrezzature (quali trattore con rimorchio dotato di pinze idrauliche per il carico e il trasporto dei tronchi). In altri ambiti, dove era difficile l’intervento per questioni logistiche e di viabilità, è stata individuata una ditta in possesso di biotrituratore, in modo da ridurre sul posto il materiale legnoso e allontanarlo con mezzi più piccoli. A Pregasina si è richiesto l’intervento di una ditta del posto, in modo da eseguire immediatamente la rimozione delle piante tagliate dai vigili del fuoco e abbattere alcune piante non più sicure.

 

Il piazzale a sud degli edifici nel parco Miralago è stato individuato come luogo per accatastare il materiale che via via si accumulava. Da subito la ditta che eseguiva il lavoro ha diviso la parte “nobile”, tronchi e grossi rami, dal resto, fronde e ramaglia, creando due cumuli che hanno raggiunto circa 1000 metri cubi, 800 di ramaglie e 200 di tronchi. Considerato che le ramaglie non hanno alcun valore economico e che lo smaltimento può avere un costo di circa 60 euro a tonnellata, oltre al costo del trasporto, e che la parte “nobile” del legname può trovare utilizzo solo come materiale da combustione, una volta triturato, e quindi con un prezzo ridotto rispetto al cosiddetto legname da opera, si è ottenuto di compensare la rimozione del materiale più scarso con la cessione dei tronchi, in modo da pareggiare le spese.

Altro discorso per le ceppaie, che una volta rimosse sono state smaltite come rifiuto speciale, con costi conseguentemente elevati. Man mano che queste venivano estirpate e pulite dalle terra, venivano accumulate temporaneamente nel piazzale a parcheggio in via Treviso, in attesa delle indicazioni della Provincia. Terminata la fase di rimozione delle ceppaie, si è iniziata la nuova piantumazione. In alcuni luoghi è stato possibile rimettere le piante della stessa specie, in quanto si trattava della tipica vegetazione gardesana, con i cipressi elementi fortemente caratteristici; il altri le piante messe a dimora sono state diverse da quella schiantate. Il cantiere comunale si è occupato direttamente della rigenerazione dei manti erbosi e della cura delle piante messe a dimora, attività che prosegue tuttora.

 

Il costo sostenuto dall’Amministrazione comunale è stato di circa 100 mila euro, tra cui – solo per citare alcune voci legate alla prima emergenza – 12 mila per l’abbattimento delle piante pericolanti e il recupero delle ceppaie, 24 mila euro per la raccolta del materiale e il suo smaltimento, cinquemila euro per il ripristino delle linee elettriche, dell’illuminazione pubblica, delle recinzioni e dell’arredo urbano. La parte più urgente dei lavori fu completata nel mese di febbraio, il resto verso la fine di maggio.

 

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