A Limone resta tutto chiuso. Il sindaco: “Impossibile riaprire a queste condizioni”

LIMONE SUL GARDA - Nessuna ripartenza a Limone sul Garda. Lunedì bar, negozi e ristoranti restano chiusi. Per il sindaco Martinelli «le indicazioni fornite da Inail e ISS sono inapplicabili. A Limone resteranno a casa 3mila lavoratori».

Clamorosa protesta a Limone: «Qui resta tutto chiuso. Lunedì non se ne parla proprio di riaprire a queste condizioni. Le serrande di bar, ristoranti e negozi restano abbassate», sbotta il sindaco Antonio Martinelli.

Per il sindaco di Limone – località che con 1,2 milioni di presenze turistiche annue si contende con Sirmione il secondo posto nella top ten delle località Lombarde con più visitatori, dopo Milano –  aprire a queste condizioni significa riaprire in perdita: «Le indicazioni fornite da Inail e ISS sono inapplicabili, in particolare per ristorazione e turismo».

Dice Martinelli: «La responsabilità penale del datore di lavoro se un dipendente si ammala di Covid, per esempio, mi sembra un’assurdità».

Il sindaco di Limone Antonio Martinelli.

 

per il primo cittadino limonese «sono linee guida stabilite da chi non ha idea della situazione locale». Limone, stretto tra lago e montagna, è un dedalo di viuzze su cui si affacciano bar, ristoranti e negozi con metrature limitate. «Con le regole che ci impongono – continua Martinelli – nei bar resterebbe un quarto dei posti, nei ristoranti un quinto. I locali aprirebbero in perdita».

Lo stesso vale per le spiagge: «Hanno calibrato le regole sulle stazioni balneari marittime, ma noi non abbiamo quel tipo di spiagge. Il lago è stato dimenticato, si è pensato solo al mare. Ma anche noi contribuiamo al Pil». E pure in modo significativo, dato che il Garda conta quasi il doppio delle presenze (24 milioni nel 2019) della Sardegna.

Turisti in spiaggia a Limone sul Garda.

 

A Limone, vista la grande incertezza, restano chiusi anche gli hotel: «Un albergatore si è sentito chiedere 80mila euro per la sanificazione. È il guadagno di una stagione», racconta il sindaco, che auspica un intervento regionale per la definizione di prescrizioni praticabili.

«Tutte le mattine ricevo persone che mi chiedono come possono aprire e io non ho risposte. Senza i turisti – conclude Martinelli – a Limone resteranno a casa 3mila lavoratori. Qui la gente rischia la fame, temo gli assalti ai supermercati».

Il sindaco si augura che Regione Lombardia possa fissare linee guida più rispondenti alle esigenze locali, come del resto hanno chiesto di fare un Veneto (ne abbiamo scritto qui).

E chiede apertura in merito alla mobilità verso il Trentino: «Dipendiamo da Riva per i rifornimenti e per molti servizi». Limone sul Garda è da sempre terra di confine (il nome, che molti associano agli agrumi che si coltivano qui dal XIII secolo, deriva da “limen”, confine). Ma quei confini che fino a qualche settimana fa avevano una valenza puramente amministrativa – di qua Brescia e la Lombardia, di là il Trentino – sono di nuovo una linea di frontiera reale, con ripercussioni sulla vita di tutti i giorni.

«Per molte cose dipendiamo dal Trentino. A Riva ci appoggiamo per scuole, acquisti, servizi», dice il sindaco Antonio Martinelli, che non nasconde le difficoltà causate dai nuovi confini alzati dal Coronavirus: «Per molti generi di necessità tocca sorbirsi 40 km di Gardesana e andare fino a Salò, quando prima bastava arrivare a Riva, che è qui a 10 km».  Per Limone riaprire le attività senza riaprire il confine tra Lombardia e Trentino è difficoltoso.

«Aspettiamo – conclude il sindaco – di vedere cosa succederà. L’orizzonte è grigio, ma tende al nero».

 

 

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