L’addio a Elsa Pelizzari, una delle ultime partigiane viventi

ROE' VOLCIANO - Chiesa e sagrato colmi di gente e commozione per l'ultimo saluto a Elsa Pelizzari, partigiana, volontaria, colonna dell'Avis. La figlia Delia: «La storia ha riconosciuto che quelli come lei fecero la scelta giusta».

Ieri, giovedì 30 giugno, si sono svolti i funerali di Elsa Pelizzari, deceduta martedì all’età di 93 anni.

Dopo il parroco ha parlato un rappresentante delle Fiamme Verdi, la formazione partigiana con cui operò col nome di battaglia di “Gloria”, quindi Lucio Pedroni, presidente dell’Anpi provinciale.

Poi saluto della figlia di Elsa, Delia, insegnante al Fermi di Salò: «Oggi non dobbiamo essere tristi perché le donne e gli uomini come lei, che hanno avuto il coraggio, la forza e la determinazione di dire no al fascismo e al nazismo non muoiono mai. I loro volti, i loro nomi e il loro esempio resterà nella storia, indelebile, per sempre, perché la storia ha riconosciuto che loro hanno fatto la scelta giusta».

 

Elsa Pelizzari, nome di battaglia «Gloria», era tra le ultime partigiane viventi e testimone instancabile della Resistenza.

Nata a Roè Volciano il 4 aprile 1929, era conosciutissima tra la Valsabbia e il Garda, una figura quasi leggendaria. Non c’è scuola che non l’abbia vista incontrare gli studenti per raccontare la sua esperienza, senza mai fomentare odio, sempre impegnata con grande generosità per tener vivo il ricordo e gli ideali dei suoi compagni.

Aveva 14 anni quando, nel 1943, cominciò a collaborare con i partigiani, prima portando i loro messaggi, «perché sei piccola, mi dicevano, e nessuno farà caso a te quando attraverserai i posti di blocco».

Faceva la «staffetta» per le Fiamme Verdi. Rischiò la vita fino agli ultimi giorni prima della Liberazione. Il 22 aprile 1945 fu catturata dai nazisti, la fecero salire su un camion. Alla guida c’era un tedesco di mezza età. «Gli dissi che somigliava a mio padre – ha raccontato Elsa Pelizzari -, anche se non era vero, e lui mi guardò quasi con compassione. Gli ricordavo sua figlia, che non vedeva da 3 anni. Quando il camion svoltò per la valle spalancò la portiera, e mi gridò “raus!”. Mi lasciò scappare. Sapeva che altrimenti mi avrebbero deportata in un campo di sterminio».

Quella di Elsa Pelizzari è stata una vicenda straordinaria, tutta improntata verso il prossimo.

Indimenticabile il ruolo che ha avuto nell’Avis di Salò, l’associazione dei donatori di sangue di cui è stata consigliere, segretaria e presidente dal 1987 al 1996.

Sempre dalla parte degli oppressi e dei bisognosi, è stata assessore all’Assistenza in Comune a Roè Volciano e fino a non molti anni fa anche volontaria nelle missioni di solidarietà internazionale in Venezuela, a El Dorado, dove suo figlio, don Adriano Salvadori, scomparso nel gennaio del 2014, esercitava il suo apostolato.

«La vita divide e unisce – scrisse Elsa Pelizzari – ma esiste la memoria che fissa legami indelebili».

 

 

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