Dipendenze e fatica di vivere, i dati delle Associazioni Club Alcologici

GARDONE RIVIERA - Venerdì 2 dicembre a palazzo Wimmer (l’ex casinò), alle 20,30, incontro pubblico con esperti a confronto per continuare a sensibilizzare i cittadini su temi sempre più attuali. Incontro organizzato dal Comune in collaborazione con ACAT (Associazione Club Alcologici del Territorio) Gardesana e Vobarno.

Tempo di bilanci e confronti per ACAT (Associazione Club Alcologici Gardesana e di Vobarno), che rinnova l’impegno dei suoi volontari per il prossimo anno.

Dal 2007 al 2022 la struttura del Garda ha accolto 229 persone con problemi di alcol o di dipendenza da sostanze, in fasce d’età compresa tra i 20 e i 70 anni. 130 erano direttamente interessati, 99 erano familiari coinvolti nel processo di allontanamento dalle dipendenze. Solo 27 non sono riusciti nella sfida, un notevole traguardo per l’associazione che collabora con i servizi sanitari senza volersi in alcun modo sostituire.

La sede di Vobarno e Hinterland in 10 anni (2012-202) ha seguito 102 persone, 57 direttamente coinvolte nell’abuso di alcol o droghe, 45 i famigliari. 18 le persone che hanno interrotto il percorso e non sono riuscite a cambiare il loro stile di vita.

“Il nostro impegno continua con le nuove dipendenze, droghe sintetiche sempre più pericolose consumate prevalentemente da giovani; ma iniziamo anche a vedere persone con problemi di dipendenza dal gioco – spiega il Presidente di ACAT Gardesana Sergio Sacchi –. Il nostro metodo è lo stesso voluto dal fondatore dei Club Alcologici, il Professor Vladimir Hudolin, psichiatra e direttore della Clinica Universitaria di Psichiatria, Neurologia, Alcologia ed altre dipendenze di Zagabria. Consulente dell’OMS dedicò buona parte della sua attività allo studio dei problemi legati all’uso di alcol ed altre sostanze. Nei primi anni 50 trascorse un periodo in Gran Bretagna e Svezia, in quegli anni, partecipò al movimento definito “open door policy in psychiatry” insieme allo psichiatra italiano Franco Basaglia (ispiratore della legge180), con cui inizia una proficua collaborazione e amicizia.” Vedeva che le persone con problemi alcol-correlati dopo vari ricoveri nei reparti psichiatrici, una volta dimesse, tornavano ad essere abbandonate a se stesse, lasciando nel disagio anche la famiglia.

Così nel 1964 istituisce a Zagabria i primi ”Gruppi Terapeutici” per gli alcolisti e le loro famiglie al di fuori dell’ambiente ospedaliero, sul territorio di appartenenza. L’esperienza fu positiva oltreconfine e nel 1979 introdusse il suo metodo in Italia: l’Approccio Ecologico Sociale ai problemi alcolcorrelati, aprendo il primo Club a Trieste.

“Oggi nei club si incontrano persone e famiglie che vivono disagi legati all’alcol e/o a stili di vita rischiosi come il tabagismo, l’uso di sostanze, il gioco d’azzardo e la dipendenza da tecnologia digitale, oltre alle difficoltà familiari e sociali del nostro tempo – continua la presidente ACAT Vobarno Primarosa Nolli – Nei Club sono proprio” la fatica di vivere” e di superare le difficoltà che uniscono le famiglie nell’affrontare i problemi; fare squadra, essere gruppo, crea nelle persone senso di appartenenza, facendole sentire accettate. Cogliamo l’occasione per ringraziare il Comune di Gardone Riviera e la consigliera ai servizi sociali Angela Vicentini per la sensibilità dimostrata, l’aiuto e la fiducia che ci ha concesso nell’organizzare questa serata.”. “Per l’amministrazione comunale di Gardone Riviera è un piacere condividere questa serata – commenta la consigliera Vicentini – Penso che sia importante dare la possibilità alle persone di partecipare a iniziative in cui poter trovare un supporto per affrontare e capire le proprie fragilità , soprattutto dopo il periodo della pandemia che ha ulteriormente condizionato i nostri stili di vita”

I componenti di ACAT si impegnano non solo nel proseguimento e mantenimento dell’astinenza dalle sostanze psicoattive, ma soprattutto nel cambiamento della cultura generale e sanitaria della collettività. Per quanto riguarda l’acol, inoltre, si tratta di un’abitudine antica e radicata, tanto da essere stata socialmente accettata nel tempo ma troppo spesso ne vengono sottovalutate le conseguenze.

 

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