Convento dell’Inviolata, una grande festa

RIVA DEL GARDA - Grande partecipazione, venerdì 14 luglio, alla festa di inaugurazione del seicentesco convento dell'Inviolata, il cui lungo e delicato intervento di restauro si è da poco concluso.

L’ex convento, di proprietà comunale, era da tempo chiuso quando, nel 2010, si è deciso il restauro, nell’ottica non solo della tutela del patrimonio architettonico e artistico, ma anche della destinazione dell’immobile ad attività culturali ed eventi musicali, come concordato tramite un protocollo d’intesa da Provincia autonoma di Trento e Comune di Riva del Garda.

I lavori sono stati curati dalla Soprintendenza per i beni culturali e dal Servizio opere civili della Provincia e seguiti da una équipe allargata di tecnici. L’iter progettuale, per il quale tra l’altro si è reso necessario lo scoprimento dei dipinti murali occultati da una tinteggiatura ottocentesca, è iniziato nel 2010 per concludersi nel 2015. Nel 2017 il via ai lavori.

L’evento di inaugurazione è iniziato con la musica, quella dell’organo da camera del Conservatorio Bonporti (la cui sede è attigua e che ora può contare su alcuni degli spazi dell’ex convento) suonato da Tarcisio Battisti, docente di Teoria dell’armonia e analisi, e con il canto delle giovani studentesse Mariami Tkemaladze, soprano di origine georgiana che frequenta il triennio accademico di canto rinascimentale e barocco, e di Iciar Borges Carreras, soprano di origine spagnola, già studentessa Erasmus, da poco ammessa a frequentare il biennio specialistico in canto lirico.

Poi, in una sala allestita al piano superiore, il momento istituzionale, presenti il sindaco Cristina Santi, il vicesindaco Silvia Betta, per la Provincia l’assessore alla cultura Mirko Bisesti, per la Soprintendenza per i beni e le attività culturali il dirigente Franco Marzatico e la funzionaria di zona Cinzia D’Agostino, e per il Servizio opere civili il dirigente Marco Gelmini.

«Per noi rivani è oggi un momento importante -ha detto il sindaco Cristina Santi- l’Inviolata e il suo convento sono per noi un riferimento storico e identitario, io stessa ho tanti ricordi legati a questo luogo. La cui restituzione alla collettività è non solo una grande festa, ma il momento in cui la nostra città si arricchisce di un gioiello prezioso. Il restauro è stato un intervento lungo e complesso, partito nel 2017 e che è stato ricco di ritrovamenti importanti e di nuove testimonianze sulla vita che dentro queste mura si conduceva. Voglio ringraziare tutte le persone e i soggetti che hanno reso possibile questo bellissimo risultato, a partire dalla Provincia fino a tutte le singole persone, tra cui l’arch. Cinzia D’Agostino e i nostri uffici comunali e il cantiere».

«Questo intervento è stato realizzato con una stretta sinergia tra Soprintendenza e Sevizio opere civili -ha detto Franco Marzatico, dirigente della Soprintendenza per i beni e le attività culturali- in questo luogo dalla forte carica emblematica e spirituale, se pensiamo che la sua nascita si deve anche a accadimenti miracolosi collegati a una immagine della Vergine Maria. L’epoca è quella del principato vescovile e dei Madruzzo, autori di una sorta di programma chiamiamolo pure ideologico, perché quello che troviamo nell’Inviolata ha stretti riferimenti al culto mariano, che in epoca di controriforma è anche recupero di spiritualità. Quindi, questo gioiello che viene restituito alla funzione pubblica ha anche importanti connessioni con storia dell’arte, della politica e della religiosità nazionale, ma conoscendo gli effetti del Concilio di Trento, possiamo dire anche internazionale. La visita di questo luogo è quindi una occasione straordinaria, considerando questo affastellarsi di messaggi anche di natura programmatica e religiosa, un luogo dove echeggiano figure di grande spicco come Pietro Ricchi».

«Questo è stato un cantiere molto interessante seguito con passione dai nostri tecnici -ha detto il dirigente del Sevizio provinciale opere civili Marco Gelmini- sempre in stretta collaborazione con l’arch. D’Agostino della Soprintendenza. Di fatto è stato aperto nel 2017 per protrarsi fino a poche settimane fa. Il cantiere principale ha interessato la ristrutturazione dell’edificio, un lavoro piuttosto complesso anche perché si sono presentati diversi imprevisti, tra cui la necessità di rifare per intero la copertura. Per l’area esterna abbiamo lavorato in stretta collaborazione con il Comune di Riva del Garda, con cui abbiamo concordato l’utilizzo degli spazi. Le risorse dedicate a questo restauro sono di circa tre milioni di euro».

«È stato un lavoro di équipe lungo e complesso che però si è svolto in modo fluido -ha detto Cinzia D’Agostino, funzionario di zona della Soprintendenza per i beni e le attività culturali- come non succede spesso, e siamo perfino rimasti nel budget, risparmiando anzi qualcosa. Tra gli interventi più complessi e più interessanti di questo lavoro c’è senz’altro il restauro degli affreschi del chiostro, che ospita un ciclo molto importante per Riva perché dedicato a San Girolamo, santo non molto rappresentato nelle nostre chiese. Realizzato nel 1675 da Giovanni Antonio Italiani, artista noto a Riva e qui residente, rappresenta tutta la storia della vita del santo, compresi i miracoli che gli sono attribuiti, ma anche uno straordinario spaccato di vita del Seicento a Riva».

«Oggi un lungo e delicato lavoro si conclude -ha detto l’assessore provinciale alla cultura Mirko Bisesti- anni e anni di impegno di più amministrazioni comunali e un investimento importante per la comunità, per un luogo di cultura e di bellezza che ritorna alla cittadinanza. Valorizzare l’ex convento dell’Inviolata vuol dire però, a questo punto, farlo vivere, promuoverne la conoscenza e la fruizione. L’obiettivo deve essere che possa diventare un perno dell’offerta culturale di questo territorio. Sappiamo quale sia per l’Alto Garda il valore del turismo, e conosciamo le riflessioni su cosa voglia dire fare turismo oggi e nel prossimo futuro; ecco, io credo che in questo edificio storico ci sia un esempio di una strada nuova, quella che punta con decisione alla cultura, alla storia e all’identità dei territori».

Il vicesindaco Silvia Betta ha spiegato come parte degli spazi dell’ex convento siano stati affidati al Conservatorio, la cui sede è attigua all’ex convento, che ne ha bisogno per recuperare gli spazi che a sua volta ha ceduto al liceo musicale (che attende la conclusione dell’ampliamento della propria sede), mentre in prospettiva l’impegno sarà sia valorizzare il Conservatorio, concedendo in via definitiva una parte del conventino, sia utilizzare l’immobile storico per attività culturali aperte al pubblico, anche in sinergia con l’Arcidiocesi, coerentemente con gli accordi stipulati nel 2010 e in seguito. E più in generale trovare i modi, d’intesa con Provincia e Arcidiocesi, per valorizzare al meglio sia il conventino, sia la chiesa dell’Inviolata.

Durante il rinfresco che ha concluso la festa, nel salone del primo piano si sono esibiti i chitarristi Angelo Festi e Christian Stolff, entrambi studenti dei corsi accademici del Conservatorio di Riva del Garda.

Il restauro

Punto di partenza dell’intervento, il consolidamento statico della struttura, danneggiata dalla guerra e da vari eventi sismici. Anche la struttura del tetto, già rifatta negli anni Ottanta, è stata totalmente rivista per la necessità di un ulteriore consolidamento strutturale. Nel corso dei lavori è stato ricostruito il sistema di volte leggere dell’antico dormitorio al primo livello, conservate solo in parte, causa i danni del 1918, quanto l’immobile fu colpito da una granata.

Nelle celle sono emersi i soffitti lignei originari, dei quali uno decorato. Le pavimentazioni erano relativamente recenti, con mattonelle in cemento bianche e rosse sul chiostro e nel corridoio superiore, altre più recenti in ceramica, sicché si è optato per la loro integrale sostituzione, a eccezione di quelli in cementino nei corridoi al primo piano. Il chiostro è stato completato con la pavimentazione originaria in mattoncini di cotto a spina di pesce. I serramenti in parte sono stati conservati, in parte sostituiti perché in cattive condizioni o incongrui. Un ulteriore lotto di lavori è stato riservato alle superfici decorate, grazie ai quali il corredo pittorico del convento è tornato protagonista del chiostro e del deambulatorio del dormitorio, con un ulteriore elemento di pregio nella grande sala del capitolo, dove è stato scoperto un soffitto dipinto.

I lavori principali sono iniziati nel 2017 e terminati nel 2021. Tra il 2021 e il 2023 sono state attuate le opere accessorie quali gli impianti di illuminazione le sistemazioni esterne e i giardini. Nello stesso periodo la Soprintendenza si è attivata con più interventi conservativi per l’attigua chiesa, restaurando le facciate, i dipinti murali della sagrestia e i tre portoni d’entrata.

 

Dati storici

La chiesa di Santa Maria Inviolata rappresenta uno degli episodi artistici più significativi all’epoca della Controriforma nel Principato vescovile di Trento. L’impianto architettonico di matrice rinascimentale, a pianta centrale, si caratterizza nella sobria conformazione degli esterni che si contrappongono alla sfarzosa decorazione interna costituita da stucchi e pitture di pieno gusto barocco. L’edificio sacro fu eretto fuori dalle mura di Riva nei primi anni del Seicento, nel luogo dove accaddero alcuni prodigi assegnati all’intercessione di un’immagine miracolosa raffigurante la Vergine Maria col Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano, custodita in un capitello e poi traslata nell’altar maggiore della chiesa.

Alla costruzione del santuario mariano contribuirono le elargizioni della comunità e dei pellegrini ma l’opera fu portata a termine soprattutto grazie al mecenatismo della famiglia del principe vescovo e cardinale Carlo Gaudenzio Madruzzo, terzo esponente in successione del potente casato sulla cattedra di Trento. Il sostegno alla costruzione della chiesa e dell’annesso convento fu assicurato dal cugino del principe vescovo, Giannangelo Gaudenzio Madruzzo, capitano della Rocca di Riva e comandante delle milizie ispaniche in Italia e di quelle tirolesi.

Dopo la sua morte, avvenuta nel 1618, la regia passò alla moglie Alfonsina Gonzaga di Novellara, esecutrice testamentaria. Il convento fu costruito tra il 1615 e il 1616, accanto alla chiesa. Tuttavia già dal 1611, presso la casa eretta sul lato meridionale del presbiterio, trovavano alloggio i frati cui era affidata la cura del santuario, gli Eremiti di San Girolamo della congregazione di Pietro da Pisa, detti anche girolamini o gerolamini. Il loro ordine era insediato a Sant’Onofrio al Gianicolo a Roma, dove i cardinali Madruzzo avevano eretto la propria cappella sepolcrale, sontuosamente rinnovata da Carlo Gaudenzio tra 1602 e 1605. La congregazione ricevette in donazione il convento dell’Inviolata. La sede divenne riferimento per l’ordine e primo noviziato della sua provincia settentrionale.

Il convento fu dotato di una preziosa biblioteca e nel coro si curavano la musica e il canto sacro. I frati contribuirono ad abbellire progressivamente la chiesa e il convento, dove rimasero fino al primo decennio del XIX secolo, quando furono soppressi. In seguito, nel 1817 il convento fu occupato dai Conventuali di San Francesco che lo tennero fino al 1849, mentre nel 1870 fu acquistato dal Comune che lo adatterà a sede delle scuole, con interventi che incidono pesantemente sull’assetto originario. Sette anni dopo il convento è ceduto in usufrutto alle Figlie del Sacro Cuore, che ne curano le scuole e l’educandato femminile nell’attiguo edificio. Le monache rimangono nel convento fino al 1964, e con l’educandato e il ricreatorio sono per un secolo riferimento per l’educazione femminile di Riva. Il sisma del 1976 ne decreta un progressivo declino nelle funzioni.

 

L’ex convento dei Gerolamini si sviluppa in tre corpi di fabbrica, dislocati su due livelli e coperti da tetto a doppia falda, assemblati in modo da formare verso l’interno un chiostro quadrangolare porticato al piano terra. Le volte a crociera appena accennate poggiano sulle murature perimetrali tramite peducci sagomati mentre verso la corte su solide colonne dal fusto liscio e semplice capitello modanato, che realizzano un’elegante sequenza di archi a tutto sesto. Sulle pareti del chiostro, nelle lunette delle volte sono conservate diciannove lunette raffiguranti episodi della vita di San Girolamo realizzati nel 1675 da Giovanni Antonio Italiani.

Gli ambienti della vita conventuale si aprono direttamente sul porticato al piano terra e su di un corridoio perimetrale interno al piano primo. Il collegamento con l’adiacente edificio sacro dell’Inviolata avviene attraverso la sagrestia al piano terra, e quella che in origine era la sede del noviziato, accanto al coro. Lungo il chiostro si articolano gli spazi un tempo destinati al parlatorio, al refettorio, alle cucine. Il piano superiore ospitava il dormitorio con la sequenza delle celle, la sala capitolare e la biblioteca. Il corridoio è arricchito da dipinti con figure protettive inserite in finte architetture di gusto rococò.

Parte inscindibile del complesso conventuale era la vasta cesura di orti, oggi ridotta dall’urbanizzazione novecentesca. Sono ancora parzialmente visibili alcune stazioni della Via Crucis, realizzata nel XVIII secolo, una serie di quattordici edicole che si susseguivano lungo la cinta meridionale fino alla chiesa di Sant’Anna. L’unico elemento che si è conservato integralmente del sistema di cappelle del monastero è la XIV stazione, come indica la targa “GESÙ POSTO NEL SEPOLCRO/ STAZIONE XIV”.

L’orto orientale era caratterizzato da una pergola sull’uscita dalla cucina, riproposta nell’attuale sistemazione del giardino.

 

 

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