L’amica degli scimpanzé a Bussolengo

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BUSSOLENGO – Ieri il Parco Natura Viva ha ospitato Dalila Frasson, tornata dalla Sierra Leone, dove per un anno e mezzo ha prestato aiuto agli scimpanzé assediati da Ebola al Tacugama Chimpanzee Sanctuary e alle popolazioni dei villaggi di foresta.

Sierra Leone, vecchia colonia inglese sulla costa Ovest dell’Africa: affacciata sull’Oceano Atlantico e circondata da Guinea e Liberia, non ha potuto trovare scampo alla forza invasiva di Ebola che dal gennaio 2014 non cessa di mietere vittime.

“Il Ministero della Salute riporta ancora da uno a tre casi di morte al giorno ma nonostante questo ha dichiarato conclusa l’emergenza, riaprendo le scuole ed esercizi commerciali”. Dalila Frasson, biologa veneziana che per un anno e mezzo ha vissuto al Santuario degli scimpanzé di Tacugama, è tornata in Italia perché ha avuto paura. “Fra le popolazioni che vivono in foresta non c’è nessun controllo governativo e in queste condizioni, rimanere lì sarebbe stato ancora più pericoloso di quando vigeva coprifuoco e massima allerta”.

Il Santuario ospita 76 scimpanzè bracconati e sottratti a detenzioni illegali come animali da compagnia. Tutt’intorno vivono le popolazioni dei villaggi di foresta: una decina di capanne di fango e tanti, tanti bambini. Sei, o sette per ogni donna.

“La convivenza con gli scimpanzé selvatici è sempre stata conflittuale ma la tragedia di Ebola sembra che almeno abbia determinato l’effetto che speravamo: la nostra strenua attività di sensibilizzazione contro il consumo di carne di animali selvatici, compresi gli scimpanzé, ha funzionato: i locali non mangiano più primati perché hanno capito che potrebbero essere veicolo del virus”, ricorda Dalila.

Questa però è sembrata fin dall’inizio un’epidemia anomala rispetto a quella del 2000 partita dall’Uganda, che aveva decimato intere popolazioni di scimpanzè di foresta.

“Stavolta non abbiamo evidenze di scimpanzé contagiati, quindi sembra che in questo caso l’epidemia non venga veicolata dagli animali. Non possiamo avere dati precisissimi ma qui, oltre a riabilitare gli esemplari che arrivano al Santuario in condizioni psico-fisiche disastrose, lavoriamo molto sul territorio.”

L’outreach team che Dalila ha coordinato per tutto questo tempo è una squadra che si muove snella, lei e quattro ragazzi del posto. Viaggiano con un defender bianco e si fanno ospitare dieci o quindici giorni nei villaggi. Fanno ricognizione del territorio e posizionano telecamere a infrarosso per capire dove vivano i gruppi di animali selvatici e in che condizioni si trovino.

“Mai visto uno scimpanzé morto per causa di Ebola”, ammette Dalila. Il pericolo per gli animali selvatici semmai, sembra provenire direttamente dall’azione distruttiva dell’uomo sulla giungla.

“Non hanno nulla, nessuna alfabetizzazione. E per ritagliarsi dei minuscoli spazi per coltivare ananas o casava, bruciano la foresta. Distruggono l’ecosistema e sottraggono spazio vitale agli animali, che poi si avvicinano alle capanne di fango e depredano le loro coltivazioni. Noi arriviamo e trattiamo con il capo villaggio: loro smettono di distruggere l’ambiente e in cambio noi gli forniamo dei polli da allevare o peperoncino da piantare, che agli scimpanzé non piace. Ma anche arachidi o riso”.

Poi conclude: “Ho visto dei miglioramenti in un anno e mezzo, ma è un Paese disastrato. Non so se riuscirà mai ad uscire dai problemi sociali ed economici che lo affliggono.”

Ricordiamo che il Parco Natura Viva di Bussolengo sostiene il progetto scimpanzé del Tacugama Chimpanzee Sanctuary della Sierra Leone.

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