Anguille del Garda al Pcb, prorogato il divieto di consumo e commercio

LAGO DI GARDA - E' entrata in vigore il 17 giugno l'ordinanza firmata l'11 maggio dall'ex ministro della salute Beatrice Lorenzin che rinnova il divieto di consumo e commercio delle anguille del Garda.

Di anno in anno viene dunque confermato il divieto introdotto il 22 giugno 2011 concernente «Misure urgenti  di  gestione del rischio per la salute umana connesso al consumo di anguille contaminate provenienti dal lago di Garda», che prevede per  gli  operatori  del  settore  alimentare  il divieto di immettere sul mercato o di commercializzare al dettaglio le anguille provenienti dal lago di Garda destinate alla alimentazione umana.

L’ordinanza (la puoi leggere qui) è stata firmata dal ministro Lorenzin (ora ex) l’11 maggio 2018 ed è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 7 giugno 2018 (la puoi leggere qui).

Il provvedimento si è reso necessario alla luce dell’«esito della strategia di monitoraggio della contaminazione da PCDD/F e PCB  delle anguille del lago di Garda» condotto dall’Istituto zoo profilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise. Il documento propone di «mantenere in vigore le misure di gestione del rischio, sulla base degli esiti del monitoraggio, e si evidenzia che la situazione di contaminazione non presenterà apprezzabili modifiche prima di almeno cinque anni da detto monitoraggio, in considerazione dei lunghi tempi di persistenza degli inquinanti nei sedimenti lacustri e nel muscolo delle anguille».

Di qui la proroga del blocco fino al 2019, ma con certezza quasi assoluta di arrivare, di anno in anno, fino alle nuove analisi nel 2021.

Diossina e Pcb sono inquinanti organici persistenti nel lago di Garda. Contaminati sono i fondali, dove le anguille vivono, non le acque.

Come spiegava ai giornali l’ambientalista bresciano Marino Ruzzenenti un paio di anni fa «Policlorobifenili e diossine sono indistruttibili, rimangono in eterno, per cui non si mangeranno mai più anguille del Garda».

Un’amara verità raccontata dallo storico dell’ambiente bresciano, che ha rivelato come la causa vada ricercata con ogni probabilità nella «gestione delle centrali idroelettriche a monte, perché dotate di grandi trasformatori che funzionavano con oli Pcb. Erano riempiti di questo olio – spiegava Ruzzenenti – per impedire che il trasformatore andasse in corto circuito. È un olio che serviva a stabilizzare i trasformatori. L’olio esausto veniva probabilmente gettato nell’acqua corrente, parliamo di un periodo tra gli anni ‘30 e gli anni ‘80. È stato nel 1984 che il Pcb fu vietato in Italia. Non ci possiamo immaginare quante tonnellate di Pcb e diossine siano finite in fondo al Garda in mezzo secolo. Non erano solo le centrali elettriche a impiegare questi oli ma tutte le industrie».

Confermato il divieto di pesca e commercio delle anguille del Garda.

 

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