Riva, l’hotel Villa Miravalle è Bottega storica del Trentino
RIVA DEL GARDA - L’hotel Villa Miravalle ha ottenuto il riconoscimento di Bottega storica del Trentino, la cui targa è stata consegnata alla famiglia nel pomeriggio di martedì 5 gennaio dal sindaco Cristina Santi.
A ritirare la targa, Michele Marchi Vidi con la madre Erica Fambri, che costituiscono la quarta generazione della famiglia che porta avanti l’attività.
L’apertura dell’hotel Villa Miravalle, nel 1927 in via Monte Oro, si deve a Giuseppe Marchi (1885-1945), la cui attività di ristorazione negli anni Sessanta ha ottenuto il prestigioso riconoscimento della stella Michelin.
A partire dalla struttura originaria, costituita da un villino su due piani edificato sugli antichi orti di Riva a ridosso delle mura, ha avuto inizio quasi un secolo di ininterrotta attività, tramandata per generazioni (attualmente, la quarta). Al capostipite Giuseppe (fin dai primi anni del Novecento proprietario del ristorante Leon d’Oro) succede il figlio Franco, che nel 1957 amplia l’edificio e lo sottopone a una ristrutturazione che per l’epoca è avveniristica, caratterizzata dalla originale piscina (la prima in un albergo di Riva) di forma irregolare, ancora oggi utilizzata e ammirata.
«Questa lungimirante intuizione -si legge nella relazione allegata alla richiesta di riconoscimento- può senz’altro rappresentare in modo emblematico l’approccio imprenditoriale e, prima ancora, culturale che caratterizza ancora oggi l’orientamento della famiglia nella gestione dell’attività: senza mai cedere alle facili lusinghe rappresentate dal proporre un’offerta generica, impersonale, standardizzata, la famiglia Marchi ha sempre perseguito scelte di qualità, privilegiando un approccio improntato alla unicità, alla riconoscibilità, alla personalizzazione. Ogni scelta fin qui compiuta per sviluppare l’albergo nel corso degli anni, con le inevitabili trasformazioni in termini di gusti, richieste, modalità -tanto dal punto di vista architettonico quanto da quello gastronomico- ha posto al centro il connubio fra tradizione e innovazione, valorizzando la prima anche grazie all’apporto della seconda. Il risultato di questo processo è un’esperienza di ospitalità di gusto contemporaneo ma con il mood avvolgente e caldo che solo il rispetto della tradizione e un forte attaccamento al genius loci può conferire».
È nel corso degli anni Sessanta, sempre sotto la guida di Franco Marchi -nominato Cavaliere del lavoro dal presidente della Repubblica- che l’albergo acquisita la sua fisionomia più compiuta.
Alla sua scomparsa è la moglie Giovanna Rosà a prendere le redini dell’attività, fino alla fine degli anni Settanta, quando il testimone passa ai figli Pino e Paolo Marchi; i quali nel 2000 svolgono altri importanti lavori di adeguamento e battezzano il ristorante interno “Villetta annessa”, a sottolineare la sua autonomia rispetto all’attività ricettiva, caso pressoché unico nel panorama della ristorazione rivana.
«È un onore e un privilegio ricevere dal sindaco un simile riconoscimento -ha detto Michele Marchi Vidi- che è una bellissima gratificazione per la mia famiglia e qualcosa a cui mio papà teneva tantissimo, ma che purtroppo non ha potuto vedere realizzato perché non c’è più. Sono quasi cento anni che la nostra attività va avanti, credo sia un caso unico a Riva, certo un traguardo importante, e ora contiamo di proseguire, nonostante le difficoltà di questo periodo».
La «Bottega storica trentina»
Sono i negozi che (secondo la norma) «svolgono la propria attività da almeno cinquant’anni negli stessi locali e nello stesso settore merceologico, oppure in settori affini, a prescindere dagli eventuali mutamenti di denominazione, insegna, gestione o di proprietà, a condizione che siano state mantenute le caratteristiche originarie dell’attività; tale requisito può essere oggetto di deroga nel caso di trasferimento in altri locali della città, purché sia rimasta inalterata la caratterizzazione merceologica o di servizio».
Inoltre è richiesta «la presenza nei locali, negli arredi, sia interni che esterni, di elementi, strumenti, attrezzature e documenti di particolare interesse storico, artistico, architettonico, ambientale e culturale, o particolarmente significativi per la tradizione e la cultura del luogo, visibili al pubblico, che offra una chiara visibilità alla persona comune, ossia non munita di particolari conoscenze tecniche e culturali, del collegamento funzionale e strutturale con l’attività svolta e dia il senso di un evidente radicamento nel tempo di quella attività».
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