Ridotto il deflusso, ma il cambiamento climatico impone nuove strategie

LAGO DI GARDA - Le piogge di martedì portano un po’ di sollievo ai campi: il Garda può ridurre da 60 a 33 mc/s il deflusso in uscita. Ma la Comunità del Garda avverte: "Dobbiamo fare i conti con il cambiamento climatico"

Alle 8.30 di mercoledì 27 luglio le paratie dall’edificio regolatore di Salionze, a Peschiera, sono state chiuse ulteriormente, quasi dimezzando la quantità d’acqua che esce dal lago per alimentare il Mincio e i canali irrigui.

La portata dei deflussi, che da sabato 23 luglio era fissata a 60 metri cubi di acqua al secondo, è stata ridotta a 33 mc/s, dei quali 20 finiscono nel Mincio e 13 nei canali irrigui (12,50 nel canale Virgilio, 0,50 nella Seriola). Il Benaco ha quasi chiuso i rubinetti.

«È un fatto straordinario – commenta il segretario della Comunità del Garda, Lucio Ceresa -, mai avvenuto nel pieno della stagione irrigua, a fine luglio, quando c’è la seconda fioritura del mais, neppure nel 2003 o nel 2007, quando il Garda era in condizioni addirittura più preoccupanti».

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Lo sbarramento regolatore di Salionze, a Peschiera (foto di Bruno Frazzini).

 

Oggi, 28 luglio, il lago misura 36 cm sullo zero idrometrico, un livello che già impedisce a Navigarda di garantire le corse degli aliscafi, sostituiti dai catamarani (ne abbiamo scritto qui).

Pochi, ma ci sono stati anni peggiori: il 27 luglio 2007 il lago era a 24 cm (sarebbe poi arrivato a 10 cm a metà agosto), ma il deflusso era a 64 mc/s. Rispetto ad allora, oggi il Garda ha maggior peso contrattuale:

«Ringrazio il Consorzio del Mincio, che rappresenta gli interessi degli agricoltori mantovani, e l’Aipo, Agenzia interregionale per il fiume Po – continua Ceresa – per aver recepito le richieste avanzate dalla Comunità, dalla sua presidente Mariastella Gelmini e dai sindaci del lago. Grazie a questa ulteriore riduzione del deflusso possiamo essere più ottimisti sul raggiungimento del nostro obiettivo: arrivare a metà agosto con un livello tutto sommato accettabile vista l’eccezionale siccità, vale a dire intorno ai 30 cm».

Nel bel mezzo della peggiore crisi idrica degli ultimi 70 anni, il Garda, tra i grandi laghi, è comunque l’unico a salvarsi, grazie alla gestione oculata della risorsa idrica attuata nei mesi invernali: il Benaco presenta una percentuale di riempimento del 30%, mentre il lago d’Idro è a -3%, il lago d’Iseo all’1,4%, il lago di Como al 2,4% e il lago Maggiore al 14% (i dati sono consultabili su laghi.net).

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La misurazione dei livelli a Salionze, a Peschiera (foto di Bruno Frazzini).

Il Garda deve fare i conti con i cambiamenti climatici

Si confida inoltre in altre piogge attese per domani, venerdì. «Siamo moderatamente ottimisti», conclude Ceresa, che però inviata a guardare oltre i problemi odierni: «Dobbiamo entrare in un’ottica nuova: il cambiamento climatico ci impone una radicale revisione di tutti i modelli e parametri fino ad oggi adottati. Le regole definite negli ultimi decenni sono preistoria, bisognerà rivedere tutto: usi agricoli, turistici e industriali dell’acqua andranno concertati, tenendo presente che il grande tema strategico è e sarà l’uso idropotabile, visto che già oggi più della metà dei Comuni del Garda riesce a portare l’acqua a case, alberghi e campeggi grazie al lago».

Gli effetti del cambiamento climatico sono stati ampiamente previsti anche in riferimento al territorio gardesano. Se ne è occupato anche lo studio Eulakes, commissionato e coordinato dalla Comunità del Garda, secondo il quale agli attuali tassi di scioglimento e dal confronto delle fotografie aeree nel 2025 potrebbe rimanere la metà del ghiacciaio oggi conservato al Mandrone, ai piedi dell’Adamello, che alimenta il fiume Sarca, il principale emissario del Garda, e numerosi suoi tributari, per arrivare ad una riduzione del 90-95% al 2100.

Il surriscaldamento e la riduzione delle precipitazioni potrebbe inoltre determinare l’epilogo di altri piccoli ghiacciai del bacino, estesi per meno di un kmq. I segnali e le tendenze, insomma, sono chiari. Esserne consapevoli è già qualcosa, ma non basta.

Sono fenomeni a cui, secondo gli studiosi, dovremo abituarci. Lo studio Eulakes prevede ad esempio un raddoppio del numero di giorni con temperature molto alte e afose, ovvero delle cosiddette «ondate di calore» (almeno tre giorni consecutivi con temperature massime oltre i 30°C). Secondo l’Austrian Institute of Technology, uno dei principali istituti di ricerca austriaci e partner del progetto Eulakes, le ondate di calore che si abbatteranno sul Garda potrebbero avere nell’ipotesi più pessimistica un aumento del 650%, passando dalle attuali 10 a 75 ogni anno.

L’aumento della temperatura dell’aria influirà anche su quella dell’acqua. L’Azienda provinciale per la protezione dell’ambiente di Trento, altro partner di Eulakes, prevede che nei prossimi decenni la temperatura della superficie lacustre aumenterà mediamente di 3,8°C, con conseguenze negative per l’ecologia.

È prevista una riduzione notevole dei giorni di gelo (con temperatura minima inferiore a 0°C), da -40% a -60% in base ai diversi scenari. Questo quadro di cambiamento – ammonisce Eulakes – già dai prossimi decenni determinerà la variazione dei parametri ambientali potendo causare impatti sugli aspetti ecologici, economici e sociali del bacino gardesano. Per questo è importante già da ora agire per cercare di attenuare questi rischi.

Gli interventi che lo studio suggerisce riguardano una più oculata gestione della risorsa idrica, la revisione delle norme sull’irrigazione, la conversione delle colture idrovore, la riqualificazione del sistema di trattamento dei reflui, interventi sulle abitudini dell’uomo, cercando di favorire stili di vita meno impattanti, ad esempio ripensando la navigazione a motore, impostando restrizioni per limitare l’immissione di carburanti nell’ambiente.

Un temporale sull’alto lago.

 

 

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