Zanzanù, il terrore della Riviera

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TIGNALE – Lunedì  17 agosto, alle 21 al Santuario di Montecastello, va in scena lo spettacolo itinerante della compagnia teatrale l’Archibugio «La battaglia di Tignale», rievocazione della cattura e uccisione del feroce bandito Zanzanù.

Lo spettacolo (testo di Giovanni Florio a partire dagli studi del Prof. Claudio Povolo) è gratuito, ma serve prenotare al numero 389.5167616. Servizio di bus navetta da Santa Libera 30 minuti prima dello spettacolo.

Zanzanù il terrore della riviera

Zanzanù, al secolo Giovanni Beatrice, figlio di Giovan Maria Beatrice e Anastasiasua consorte, fu battezzato a Gargnano il 23 aprile 1576. La sua vicenda di senza legge nasce in seno agli oltraggi e alle ripicche di una faida tra le famiglie Beatrice e Riccobon Sette, che si contendevano le numerose risorse della comunità di Gargnano.

Zanzanù divenne bandito per onore e, soprattutto, per vendetta. Quella che si prefisse di consumare dopo l’assassinio del padre, avvenuto il 4 maggio 1605 sotto la loggia del palazzo municipale di Gargnano nonostante da quasi due anni fosse stato stipulato tra le due famiglie rivali un atto di pace con tanto di firma notarile. La disonorevole violazione da parte dei Riccobon fu la scintilla che innescò la furia di Zanzanù e la causa del perpetrarsi di violenze che caratterizzeranno i primi dieci anni del Seicento sull’Alto Garda.

Nell’autunno del 1610, con l’arrivo a Salò del Provveditore Leonardo Mocenigo, le leggi contro il banditismo furono inasprite. Per ordine di Mocenigo «fu spiantata la casa del sudetto sceleratissimo Zuanne Zannone bandito, posta in Gargnano dalli fondamenti et fu il tutto buttato giù a fraccasso et abbruggiati li legnami in publico».

Zanzanù, bandito dalla Riviera e braccato dai cacciatori di taglie, abbandonò quindi il lago e trascorse qualche anno nel Piacentino. Fece ritorno nella primavera del 1615 e chiese la grazia al Provveditore e Capitano di Salò Giuseppe Michiel. Questa gli fu negata, lui non la prese bene e cominciò a terrorizzare la Riviera con rapine, rapimenti e omicidi. Fino a quando, il 17 agosto 1617, il criminale venne braccato e ucciso sui monti di Tignale.

La vicenda di Zanzanù, dilatata ed enfatizzata, si è collocata nel tempo in una dimensione mitica, sino a smarrire alcuni degli aspetti biografici più significativi. I recenti passi compiuti verso la completa ricostruzione della verità storica dei fatti di cui fu protagonista Zanzanù fanno luce su un orizzonte più vasto, fornendo nuovi dettagli sulla società dell’epoca, sui rapporti tra le famiglie del notabilato locale, sull’organizzazione delle istituzioni amministrative e giudiziarie della Magnifica Patria.

Un momento della rappresentazione teatrale dedicata alla battaglia di Tignale.
Un momento della rappresentazione teatrale dedicata alla battaglia di Tignale.

La vicenda dell’omicidio in Duomo

È possibile smascherare il colpevole di un efferato omicidio quattro secoli dopo il delitto? Sembrerebbe di si. C’è riuscito lo storico Claudio Povolo, docente di Storia delle istituzioni politiche e giudiziarie all’università Ca’ Foscari di Venezia, uno dei massimi esperti del fenomeno del banditismo, che getta nuova luce sull’assassinio del podestà di Brescia Bernardino Ganassoni, freddato a colpi d’archibugio nel Duomo di Salò il 29 maggio 1610.

L’assassinio è stato attribuito a Zanzanù, ma pare che le cose siano andate diversamente. Il prof. Povolo incrociando informazioni documentarie, ha trovato una soluzione al “giallo” diversa da quella tramandata per quattro secoli. L’uccisione del podestà va collocata nell’ambito di una faida tra i notabili salodiani del tempo. Il bandito fu un capro espiatorio.

Siamo nel secolo dei “bravi” e anche il Garda non era immune a certi fenomeni, oggi noti a tutti grazie ai Promessi Sposi del Manzoni.

Il prof. Povolo, che da anni lavora alla ricostruzione storica della vicenda quasi mitologia del più celebre dei banditi gardesani, avrebbe scovato anche il vero colpevole, tal Bernardo Bernardinello. La soluzione al giallo dell’assassinio nella cattedrale sta in una delle innumerevoli antiche carte che il docente veneziano e i suoi studenti hanno investigato negli ultimi anni: la relazione che nel 1610 il provveditore Leonardo Mocenigo inviò alle autorità veneziane dopo aver terminato la sua esperienza di sei mesi «nel grave et laborioso carico di Proveditor et Inquisitor», che lo portò a conoscere da vicino la Magnifica Patria di Riviera, «la più bella, la più ricca, la più fertile, et la più popolata parte, non dirò del loro stato, ma di qualsivoglia altro principe del mondo».

Mocenigo attribuisce con certezza l’assassinio a «quel Bernardo Bernardinello, famoso capo de fuorusciti nella Riviera di Salò, detto Ca’ de dio, et un suo seguace, che furono auttori della morte del cavalier Ganassoni, Podestà di Salò, et compagni di quell’altro scelerato, detto Zannon, il quale non havendo mai per diligenza usata potuto havere nelle mani, nè vivo, nè morto, le ho fatto, secondo la deliberatione dell’eccellentissimo Consiglio de Dieci spianar la casa».

Di questo fatto e del quadro sociale dei primi anni del Seicento, durante i quali Salò assiste allo scatenarsi di una faida che vede coinvolte anche famiglie del ceto dirigente locale, spie e informatori del Consiglio dei X, sgherri e bravi al soldo della borghesia mercantile, si era discusso qualche anno fa nel corso del convegno «Il bandito Zanzanù. La provincia salodiana tra istituzioni di giustizia, faide familiari e oligarchie mercantili», svoltosi a Salò su iniziativa dell’Ateneo.

santuario montecastello
Il santuario di Montecastello, a Tignale

Altri misteri nella vita di Zanzanù

Le ricerche del prof. Povolo hanno colmato molti spazi vuoti nella biografia di Zanzanù, il cui mito vanta il primato longevità nella memoria storica locale. Sono stati tracciati con maggior chiarezza i tratti della sua famiglia e si è delineato con maggior precisione il contesto entro cui essa si mosse. Sono emersi dettagli sugli ultimi giorni di vita di Zanzanù e sulla sua morte.

Restano invece ancora in ombra altri aspetti, soprattutto legati al grande quadro conservato nel santuario di Monte Castello, raffigurante l’episodio della caccia a Zanzanù sui monti di Tignale e la sua uccisione, avvenuta il 17 agosto 1617. Si tratta di un olio su tela (248 x 190 cm) appeso nella navata di destra, vicino all’ingresso principale. Si dice sia il più grande ex voto d’Italia.

Chi è l’autore del quadro? Quando venne commissionato? Perché il volto dell’uomo che ferisce a morte il bandito è stato raschiato per renderlo irriconoscibile? Qualcuno ha voluto celare la vera identità di chi uccise il bandito? Davvero fu la gente di Tignale a dargli la caccia? Le risposte, probabilmente, stanno negli archivi.

zanzanù ex voto

Il quadro raffigurante la battaglia in cui fu ucciso il bandito Zanzanù

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