Bracconaggio e illegalità diffusa, fauna ittica in grave sofferenza

LAGO DI GARDA - Bracconieri in continua crescita. Controlli scarsi, soprattutto nel Bresciano. La fauna ittica nel lago è in sofferenza. La denuncia dell'Unione Pescatori Sportivi del Garda.

Il fenomeno, purtroppo, non è nuovo. Ne abbiamo scritto tante volte. Nei giorni scorsi ne ha parlato anche il quotidiano Trentino, grazie a un articolo di Paolo Tessadri, che non usa giri di parole: «Sono tornati i pescatori sul Lago di Garda, ma sono tornati anche i bracconieri. Il bracconaggio ittico, infatti, c’è e si vede. E da molti anni».

Nell’articolo si legge  che «il numero di bracconieri è in continua crescita» e che per il bracconaggio sul Garda «vengono usate anche reti illegali e in numero maggiore al consentito».

E i controlli? Detto che in Trentino, dove è vietata la navigazione a motore e possono pescare solo pescatori professionisti e residenti iscritti a una associazione di pescatori, Tessadri segnala che «i controlli sono sufficienti nel Veronese, anche grazie all’aiuto dato alla Polizia provinciale dalle otto guardie volontarie, munite di mezzo nautico per i controlli durante la pesca. Mentre nel Bresciano i controlli sono scarsi e quasi sempre limitati al controllo in porto»

Tessadri da voce all’allarme lanciato da Maurizio Scarmigliati, presidente dell’UPSdG, l’Unione Pescatori Sportivi del Garda, associazione che raggruppa 12 società di pesca sportiva dilettantistica, per un totale di circa settecento iscritti: «Vi sono personaggi pressoché privi di scrupoli – ha dichiarato Scarmigliati al quotidiano Trentino – e vogliamo denunciare quella minoranza che opera nell’illegalità per emarginare ed eliminare il bracconaggio in ogni sua forma».

L’Unione Pescatori aveva già sollevato la questione. Ne avevamo scritto in un post che avevamo pubblicato qui più di un anno fa: «Siamo consapevoli del fatto che vi siano personaggi pressoché privi di scrupoli, che commettono ogni genere di nefandezze ai danni dell’ecosistema del Garda. Una presenza che la parte sana delle nostre categorie non è disposta a tollerare ulteriormente e che U.P.S.d.G. è determinata ad azzerare»

Ha dichiarato Scarmigliati al Trentino: «Per fare un esempio. C’è chi pesca anche più di quattro lucci al giorno, mentre se ne potrebbero pescare solo due. E ci sono pescatori dilettanti che pescano 3-400 lucci in un anno e li vendono a ristoranti e pescherie e si portano a casa anche 1000-1500 euro al mese per sette mesi, benché sia proibita la pesca con vendita in nero da parte dei dilettanti».

Un commercio illegale che fa male al lago e al suo ecosistema. E che U.P.S.d.G. vorrebbe fermare.

Come? I pescatori auspicavano un’intesa tra le tre province gardesane per avere finalmente una legislazione univoca e chiara sulla pesca nel Garda.

E invocavano più controlli. Ma questi sono tempi di tagli, oltre che di miopia politica. E il personale per controllare cosa succede al largo e nei porti costa. Poi c’è la burocrazia, con tutte le sue complicazioni oggi presenti nella legislazione riguardante la formazione delle guardie ittiche volontarie, che pure i pescatori sportivi del Garda potrebbero organizzare, e dello svolgimento delle loro attività.

U.P.S.d.G. ha proposto anche l’adozione, sia per professionisti che per dilettanti, del tesserino segna catture. Una iniziativa che permetterebbe un serio monitoraggio della presenza delle varie specie nelle nostre acque, di fatto sempre più povere di pesce, con il carpione e l’alborella di fatto scomparsi e molte altre specie in sofferenza.

Il calo del pescato è da imputare a diverse concause, ma certo una di queste è la pesca di frodo, la posa di reti abusive e un prelievo incontrollato che sta già generando una drastica riduzione del pesce nel Garda.

coregone
Un coregone, specie non autoctona.

 

Tempo fa (ne avevamo scritto qui) l’ Unione Pescatori Sportivi del Garda aveva denunciato anche palesi violazioni del divieto di pesca al carpione che avvengono quotidianamente soprattutto nelle giornate di intenso turismo, sulle sponde delle tre provincie gardesane.

U.P.S.d.G. aveva dichiarato: «Si assiste a carpioni esposti da professionisti assetati solo di denaro al mercato del paese, tra l’altro di una misura vergognosa da esibire. Oppure capita di essere seduti ad un ristorante rivierasco e di sentire che al tavolo vicino, formato da clienti particolarmente affezionati, viene proposto il carpione nelle ricette tradizionali gardesane. E questo è accaduto sia sulla sponda bresciana, su quella veronese e sia su quella trentina».

Come fermare tutto ciò? La soluzione è sempre quella: più controlli. Verso chi pesca in modo fraudolento e verso i ristoratori con accertamenti sulla provenienza e tracciabilità del pesce servito agli ospiti. Ma, come detto, i controlli costano. E non portano ne visibilità ne voti.

Pesca di frodo: all’amo anche un povero carpione (il terzo pesce da sinistra), di cui è vietata la pesca.

 

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